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La Bce taglia di nuovo i tassi d’interesse: ma l’Europa è a un bivio

Pubblicato: 05/06/2025 14:48

La Banca centrale europea ha tagliato, per l’ottava volta in un anno, i tassi d’interesse. Il tasso sui depositi scende al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,15%, mentre il tasso sui prestiti marginali viene portato al 2,40%. È il segno evidente di un ciclo ormai maturo, con Francoforte che ha dimezzato il costo del denaro in dodici mesi, cercando di accompagnare la discesa dell’inflazione senza soffocare una ripresa che si conferma fragile, disomogenea, e sempre più legata al rischio geopolitico.

Ma dietro questa manovra monetaria, annunciata e già scontata dai mercati, si nasconde la vera partita che l’Europa è chiamata a giocare: quella politica, e più precisamente fiscale. Perché tagliare i tassi può dare fiato all’economia, ma non basta più. Serve una visione comune, una mutualizzazione almeno parziale del debito, e una strategia che non lasci a Washington e Pechino l’arbitraggio sul destino del vecchio continente.

L’estate del bivio: la pausa, Lagarde e il dopo

Il prossimo Consiglio direttivo della Bce è in calendario per il 24 luglio, ma secondo molti osservatori, come Carsten Brzeski di ING, non ci saranno nuovi tagli. “A meno di un ritorno aggressivo delle tensioni commerciali la Bce potrebbe adottare un approccio attendista”.

Anche perché i segnali di disinflazione appaiono ancora intermittenti, e la resilienza economica dell’eurozona, se da un lato rassicura, dall’altro preoccupa proprio in vista degli stimoli fiscali previsti dalla Germania per il 2026. Tradotto: più crescita può voler dire più inflazione.

Intanto nei corridoi di Francoforte tiene banco un altro interrogativo: il futuro di Christine Lagarde. Il Financial Times ha lanciato l’indiscrezione di un possibile addio della presidente per un approdo a Davos, al timone del Forum economico mondiale. Sarebbe una svolta delicatissima, in un momento in cui la Bce ha bisogno di guida, coesione e soprattutto di credibilità.

Tra Bruxelles e Washington: la grande incertezza

I mercati, intanto, si muovono con prudenza. Un altro taglio dei tassi tra settembre e ottobre è ancora sul tavolo, ma tutto dipenderà dalle tensioni con gli Stati Uniti. Il 9 luglio scadrà la sospensione dei dazi reciproci, e il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha riaperto scenari da guerra commerciale. In questo contesto, ogni previsione su inflazione e crescita si tinge di incertezza.

Ma non è solo l’eurozona a ballare sul filo: il debito americano brucia tanto quanto quello italiano, e i mercati si trovano a scommettere sull’opzione meno instabile, che oggi si chiama “Taco”, ovvero una sigla informale che gira nei desk per dire: “Trump, almeno controlla”. Cinismo da investitori, ma utile per capire il clima.

L’Europa che deve diventare adulta

Il punto, però, è più profondo. In un mondo frammentato, dove le stablecoin mettono in discussione la sovranità monetaria e il ruolo delle banche centrali, la zona euro non può più galleggiare su una politica monetaria espansiva senza dotarsi di un vero pilastro fiscale comune.

La proposta, sempre più discussa a Bruxelles, di rendere comune una parte dei debiti nazionali (per esempio quelli strategici o green) è una scelta di identità. Se l’Europa non rompe gli indugi ora, rischia di restare per sempre una potenza a metà: forte nella regolazione, fragile nell’azione. Il taglio di oggi è solo l’ennesimo promemoria che il tempo per diventare adulti, nel cuore dell’eurozona, sta finendo.

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