
BRUXELLES – L’allarme arriva chiaro, senza giri di parole: la Russia è tornata a rappresentare una minaccia diretta per l’Europa. È questo il messaggio che scuote la Nato al vertice dei ministri della Difesa, andato in scena a Bruxelles. L’ambasciatore americano Matthew Whitaker, intervenuto al posto del segretario alla Difesa Hegseth, ha dichiarato che l’Alleanza Atlantica deve “prepararsi al peggio”, perché Mosca sta ricostruendo le proprie capacità militari e potrebbe presto lanciare nuove offensive.
“L’urgenza del momento è innegabile” ha detto Whitaker, indicando che il Cremlino non solo non ha intenzione di fermarsi in Ucraina, ma che punta a consolidare una nuova stagione di aggressività. “Serve un’alleanza costruita per le minacce del 2025 e oltre”, ha ammonito. Parole pesanti, accolte con preoccupazione dagli alleati europei.
Rutte: “La nostra risposta sarà devastante”
Anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha usato toni duri. “Se Putin proverà ad attaccarci, la nostra reazione sarà devastante e molto efficace anche tra 3, 5 o 7 anni. È per questo che dobbiamo spendere di più”, ha avvertito. I riferimenti sono chiari: Lituania, Estonia, Lettonia e Moldavia, i Paesi più esposti a eventuali mire imperiali di Mosca, tornano nel mirino dei timori occidentali.
Secondo più di un report delle intelligence europee, la Russia considera ancora parte del proprio “spazio vitale” gli ex territori della Grande Russia, e la possibilità di una loro “riacquisizione” è considerata reale. Per questo, da Washington è arrivato un consiglio operativo: quintuplicare i sistemi di difesa aerea e di terra in tutto il continente.
Gli Stati Uniti chiedono il 5% del Pil in spesa militare
Ma l’avvertimento americano non si ferma alla minaccia. Il secondo messaggio è di natura economica: gli alleati europei devono aumentare in modo significativo la spesa per la Difesa. Già dalla sua entrata in carica, l’amministrazione Trump ha fatto sapere di non voler più accollarsi l’intero costo della sicurezza dell’Occidente.
“Non ci sono piani per il ritiro delle truppe Usa dall’Europa”, ha detto ancora Rutte, “ma ci si aspetta che europei e canadesi spendano molto di più”. Il target indicato dagli Stati Uniti è chiaro: il 5% del Pil. Non più una raccomandazione, ma un “impegno concreto”, come è stato definito a margine del summit.
L’Italia è ferma all’1,3%. Anche la Germania prende tempo
Un obiettivo che però appare fuori portata per molte capitali europee. L’Italia, ad esempio, spende oggi circa l’1,3% del Pil per la difesa: meno di un terzo della soglia indicata da Washington. E anche all’interno delle grandi potenze europee crescono i dubbi. Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha frenato: “Nessuno, al momento, sostiene davvero l’obiettivo del 5%. È irrealistico”.
Tutto ruota attorno al prossimo vertice Nato previsto a fine giugno nei Paesi Bassi, dove si discuteranno nuovi impegni vincolanti. Sul tavolo, oltre al piano per potenziare la contraerea europea, ci sarà anche la possibilità di rimodulare i parametri di bilancio, magari con deroghe per investimenti militari spalmati su più anni, come auspicato anche da Roma e Parigi.
Il messaggio politico: l’Europa non è più al sicuro
Il summit di Bruxelles segna dunque un cambio di tono netto: la deterrenza torna al centro del dibattito, e si afferma un principio ormai ineludibile anche per i più riluttanti tra gli europeisti. Putin non tratta. La pace non è a portata di mano. E l’Europa – come ha sintetizzato Rutte – “deve sapere che ogni centimetro del territorio Nato sarà difeso”.
Il senso politico dell’allarme è tutto qui: anche Donald Trump, che pure aveva a lungo oscillato, ha ormai preso atto della realtà. Senza un riarmo credibile, senza un’alleanza robusta, il rischio di un’escalation reale nei Paesi baltici non è più uno scenario teorico. È una possibilità concreta. E il tempo per agire potrebbe essere poco.