
Parole sconfortate, ma anche scomode. Nella serata più buia dell’Italia, con la pesante sconfitta contro la Norvegia, Gianluigi Donnarumma si presenta davanti ai microfoni e non cerca alibi. Le sue frasi sono dure, pronunciate con il volto tirato di chi ha appena visto franare un castello costruito sulla sabbia. Ma il tono non basta: servono gesti, e da mesi questa Nazionale parla molto e fa poco.
“Non ho spiegazioni al momento”, ammette il portiere azzurro ai microfoni Rai, visibilmente provato. Una dichiarazione che fotografa bene il vuoto attuale: vuoto tattico, vuoto di gioco, ma soprattutto vuoto di personalità. Donnarumma però va oltre il dolore del risultato: “Bisogna solo andare dentro e rendersi conto della prestazione di stasera, i nostri tifosi non meritano questo”.
Il capitano punta il dito anche verso se stesso
È un’autoaccusa, ma anche un monito: non basta più dire che si è delusi, bisogna capire perché si cade così spesso e così male. Serve uno scatto, non più solo reazioni emotive, che si spengono con la stessa velocità con cui nascono. “Da queste partite dobbiamo uscire tutti insieme, serve un esame di coscienza” dice Donnarumma. Ma è proprio questo il nodo: c’è ancora un “insieme”? Si vede ancora una squadra?
Il portiere prova a scuotere il gruppo, anche con parole simboliche: “Siamo l’Italia e non sono accettabili queste partite”. Ma il campo racconta altro: un’identità fragile, incapace di lottare quando le cose si mettono male, troppo leggera nei duelli e troppo prevedibile nell’impostazione.
Tanti discorsi, pochi leader
“Ognuno deve fare mea culpa e dopo se ne esce tutti insieme. Dobbiamo stare più uniti di prima”. L’ultimo appello di Donnarumma è condivisibile, ma suona come l’ennesimo disco rotto. È il solito copione: sconfitta, scuse, orgoglio ferito, promessa di riscatto. E poi? Poi nulla, o peggio: un’altra caduta.
Il portiere si assume le sue responsabilità, ma il problema non è mai stato lui da solo. È l’intero progetto tecnico a mostrare le crepe: la mancanza di un gioco riconoscibile, l’assenza di leader autentici in mezzo al campo, e un gruppo che sembra regredito rispetto al ciclo precedente.
Donnarumma è l’unico a metterci la faccia, come sempre. Ma la domanda vera è un’altra: quanti, tra i suoi compagni, hanno davvero il coraggio di guardarsi allo specchio? E soprattutto: questa Nazionale ha ancora un’anima, oppure si limita a indossare una maglia che ormai pesa solo nei ricordi?