
L’Atalanta apre il suo nuovo ciclo dopo l’era Gasperini e lo fa senza strappi, ma con un nome che divide la tifoseria. Forse i tifosi si aspettavano altro, anche se il tecnico prescelto dalla proprietà era già stato accostato negli scorsi giorni alla panchina degli orobici. Ma i suoi recenti trascorsi preoccupano i supporter.
Sarà infatti Ivan Juric a sedersi sulla panchina nerazzurra nella stagione 2025/26. Il tecnico croato ha raggiunto l’accordo con la società per un contratto biennale, con opzione sul terzo anno a favore del club. Una scelta che guarda alla continuità, più che alla rivoluzione.
Dopo un attento “casting” che ha coinvolto diversi nomi, la società ha ristretto il ventaglio a un tris finale composto da Juric, Thiago Motta e Palladino. A spuntarla è stato proprio l’ex Torino, complici anche gli ottimi rapporti con il direttore sportivo Tony D’Amico, con cui aveva già lavorato proficuamente al Verona.
Un legame profondo con Gasperini
Juric, 49 anni, non è un nome qualunque per l’ambiente nerazzurro: è stato giocatore e poi collaboratore tecnico proprio di Gian Piero Gasperini, suo maestro, per sette anni tra Crotone, Genoa, Inter e Palermo. L’eredità lasciata dal tecnico di Grugliasco non sarà semplice da raccogliere, ma la dirigenza ha scelto un profilo che condivide molti dei principi cardine del “gasperinismo”.

Proprio come a Verona, dove Juric aveva portato la squadra a risultati sorprendenti e valorizzato talenti rivenduti a peso d’oro, la speranza a Bergamo è che riesca a proseguire il progetto tecnico basato su gioco intenso, sviluppo dei giovani e ambizione europea.
Una carriera tra alti, bassi e occasioni da rilanciare
Dopo il triennio solido al Torino, in cui ha mantenuto la squadra in una tranquilla metà classifica, Juric ha vissuto un 2024 più complicato, con due sfortunate parentesi alla Roma e al Southampton, entrambe concluse con l’esonero (e, nel caso del club inglese, con una retrocessione). Ma ora, per lui, si apre una nuova opportunità in un contesto che conosce e che potrebbe esaltarne le qualità.
La Dea riparte, dunque, nel segno della coerenza tecnica, puntando su un allenatore che non ha bisogno di adattarsi all’ambiente, perché ne è già figlio culturale. E con la benedizione, implicita ma inevitabile, del suo predecessore.