Vai al contenuto

Molfetta, il sindaco ai domiciliari: depistaggi e appalti nel porto al centro dell’inchiesta

Pubblicato: 06/06/2025 08:57

Ai domiciliari Tommaso Minervini. Il sindaco di Molfetta, alla guida di una giunta civica e attualmente al secondo mandato, è finito sotto misura cautelare per decisione della gip di Trani Marina Chiddo, nell’ambito di una vasta indagine che coinvolge anche altri sette indagati. Al centro del fascicolo, presunti scambi di favori tra politica, burocrazia e imprenditoria locale, con ipotesi di corruzione, turbativa d’asta, peculato e falso. In tutto, ventuno i reati ipotizzati.

Dirigenti, imprenditori e finanzieri coinvolti

L’inchiesta, coordinata dai pm Francesco Aiello, Marco Gambardella e Francesco Tosto, ha portato anche ai domiciliari Lidia De Leonardis, dirigente comunale. Per altri due funzionari, Alessandro Binetti e Domenico Satalino, è stata disposta l’interdizione dai pubblici uffici per un anno. Stessa misura per il luogotenente della Guardia di finanza Michele Pizzo, mentre all’imprenditore Vito Leonardo Totorizzo è stato vietato di contrattare con la pubblica amministrazione, sempre per un anno. Le richieste di misure restrittive sono state invece respinte per Mario Morea, Tommaso Messina (autista del sindaco) e lo stesso Pizzo, relativamente a una seconda ipotesi cautelare.

Bonifiche, intercettazioni e biglietti anonimi

Uno dei capitoli più delicati del dossier riguarda i presunti tentativi di depistaggio. Secondo la Procura, Minervini, De Leonardis e il finanziere Pizzo sarebbero stati informati dell’indagine in corso e avrebbero tentato di ostacolarla. Proprio Pizzo avrebbe rivelato alla dirigente la presenza di microspie nel suo ufficio, attribuendole ai colleghi della Finanza: “Vanno passeggiando mentre si fottono indennità e straordinari”, avrebbe detto, esprimendo contrarietà all’inchiesta. A questo punto sarebbe partito un tentativo di bonifica ambientale, pagata – secondo l’accusa – con fondi pubblici.

Minervini avrebbe poi tentato di giustificare la situazione di fronte ai carabinieri, parlando del ritrovamento delle cimici senza però dire che si sapeva già della loro origine. Nello stesso periodo, un biglietto anonimo con scritto “Fai il sindaco delle pecore” sarebbe stato recapitato negli uffici comunali, e lo stesso primo cittadino avrebbe riferito informalmente agli investigatori il nome della persona che, a suo dire, ne era l’autore.

Appalti e promesse elettorali

Un altro fronte riguarda il rapporto tra Minervini e l’imprenditore portuale Totorizzo, che – secondo la Procura – avrebbe sostenuto la campagna elettorale del sindaco in cambio di favori e agevolazioni negli appalti relativi al porto di Molfetta. Anche in questo caso, le ipotesi di reato parlano chiaro: una rete di interessi reciproci, in un contesto dove i confini tra funzione pubblica e vantaggio privato sarebbero stati sistematicamente aggirati.

Secondo quanto emerge dagli atti, gli indagati – una volta appresa l’esistenza delle indagini – si sarebbero affannati a cancellare ogni traccia, nel tentativo di eludere i controlli. Ma per i magistrati, il danno ormai era fatto. E il quadro che ne emerge è quello di un sistema ben organizzato, nel quale le logiche clientelari si sarebbero radicate all’interno della macchina comunale.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure