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“Spiare il telefono del partner è sempre reato”. L’avvocato: “Vi spiego perché”

Pubblicato: 07/06/2025 14:13
spiare il telefono

Controllare di nascosto o spiare il telefono del partner o di un’altra persona può sembrare solo una questione di fiducia, ma in realtà può costituire un vero e proprio reato penale. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19421/2025, confermando la condanna per accesso abusivo a sistema informatico, punibile con una pena fino a 10 anni di reclusione. Secondo la Corte, violare la privacy digitale di una persona – accedendo senza permesso al suo smartphone protetto da password – equivale ad accedere in modo illecito a un sistema informatico, ai sensi dell’art. 615-ter del Codice Penale. Il caso riguarda un uomo che ha estratto chat WhatsApp e registri delle chiamate dal telefono dell’ex moglie, presentandoli nel procedimento di separazione legale. Nonostante l’uso fosse destinato alla causa civile, la Cassazione ha confermato che il gesto costituisce accesso non autorizzato a dati personali, aggravato dall’utilizzo del materiale in giudizio.
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WhatsApp, Facebook, Instagram: è sempre reato senza consenso

Spiare il telefono del partner è dunque sempre reato. La Corte ha ribadito infatti che il reato si configura anche se i messaggi non sono su WhatsApp. L’accesso non autorizzato a qualsiasi piattaforma di messaggistica – come Facebook Messenger, Telegram, Instagram, o altri social – è penalmente rilevante. Non è nemmeno necessario leggere i messaggi: basta accedere all’account senza consenso per violare la legge. Un aspetto chiave della sentenza riguarda il concetto di consenso: anche se in passato una persona ha condiviso il PIN del proprio telefono, ciò non autorizza un accesso illimitato nel tempo. Come spiega l’avvocato Giuseppe Di Palo a Fanpage: “Il consenso deve essere specifico, limitato e riferito a un momento preciso. Accedere in un secondo momento o per fini diversi da quelli autorizzati costituisce comunque reato.”

Nessuna password? Il reato può esserci comunque

Un’altra precisazione fondamentale arriva da una precedente sentenza del febbraio 2025: la presenza o meno di una password non cambia la configurazione del reato. Anche se il dispositivo non è protetto da codice, accedervi senza il consenso del titolare è comunque illecito, soprattutto se chi accede è consapevole della violazione. Come chiarito dalla giurisprudenza: “La legge tutela la riservatezza indipendentemente dalle misure di sicurezza. Basta accedere alla sfera privata altrui senza permesso per incorrere nel reato di accesso abusivo a sistema informatico.”

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