
Pietro ha solo 9 mesi, ma la sua vita è già segnata da una ferita che nessun bambino dovrebbe mai avere. È arrivato in ospedale a Napoli in condizioni gravissime, con un quadro clinico drammatico: gravi lesioni cerebrali, fratture multiple e difficoltà respiratorie che mettono a rischio la sua stessa esistenza. Il suo ricovero al Santobono, uno dei centri pediatrici più importanti del Sud Italia, ha scatenato una corsa contro il tempo da parte dei medici e degli investigatori. Dietro questo caso c’è un’indagine delicata e complessa, che sta cercando di ricostruire ogni dettaglio della sua breve vita.

Il racconto della madre e le prime contraddizioni
Il piccolo Pietro vive con la madre, Fatima Giudice, in una tranquilla località del Cilento, Villammare, dove si è trasferita da pochi mesi insieme al nuovo compagno dopo una separazione dolorosa. Una famiglia segnata da cambiamenti, con due figli piccoli e un passato che adesso si intreccia con una situazione difficile e dolorosa. Fatima è stata ascoltata dai carabinieri della stazione di Arenella a Napoli come persona informata sui fatti. Il suo racconto, che già aveva fatto emergere dubbi e contraddizioni, si riflette nei post che ha pubblicato sui social. Tra le sue parole, una domanda carica di angoscia: perché, quando il 28 maggio aveva portato Pietro all’ospedale di Sapri, il bambino era stato rimandato a casa con una semplice prescrizione di antibiotici?
Le verifiche però raccontano una storia leggermente diversa. La visita ambulatoriale a Sapri sarebbe avvenuta il 26 maggio e non il 28, ed era legata a una lieve irritazione cutanea, probabilmente conseguenza di un vaccino effettuato un mese prima. Un dettaglio che, apparentemente innocuo, ora diventa uno dei tasselli di un puzzle più grande e doloroso. Per gli inquirenti è fondamentale capire se ci siano state omissioni, ritardi o errori nelle prime diagnosi, e se quei piccoli segnali fossero in qualche modo un campanello d’allarme che poteva anticipare la gravità delle lesioni poi emerse.
Le condizioni critiche e gli interventi d’urgenza
Le condizioni di Pietro, quando è stato trasportato d’urgenza con l’eliambulanza, erano drammatiche. Instabile, con un edema cerebrale esteso, il piccolo è stato subito sottoposto a un doppio intervento neurochirurgico. I medici hanno dovuto aprire completamente la calotta cranica per alleviare la pressione causata dal gonfiore del cervello, una procedura estrema ma necessaria per salvargli la vita. Il primario di Neurochirurgia, Giuseppe Cinalli, ha raccontato come le lesioni vadano oltre l’edema: «Sono state riscontrate emorragie retiniche, trombosi encefaliche e lesioni al tronco cerebrale, che controlla funzioni vitali come la respirazione». Un quadro clinico devastante, che porta a ipotizzare la sindrome da scuotimento, una forma di trauma cranico provocata da violenti movimenti bruschi.
Ma non è tutto. I medici hanno rilevato anche fratture costali e una lesione al femore, compatibili con traumi precedenti, di cui non si conosce ancora l’origine. Sono ferite che potrebbero raccontare di sofferenze accumulate nel tempo, prima del ricovero d’urgenza. Il pianto prolungato e il dolore del bambino potrebbero aver spinto qualcuno, forse involontariamente, a scuoterlo nel tentativo di calmarlo, causando però danni irreparabili.
Il contesto familiare e le indagini in corso
Il contesto familiare si fa sempre più cruciale per l’inchiesta. La madre, originaria di Licusati, frazione del Comune di Camerota, vive ora con il nuovo compagno a Villammare. Il padre di Pietro, dall’altra parte, ha ricostruito la sua vita a Sapri, dove lavora in un panificio e mantiene un rapporto con i figli nonostante la separazione. È un uomo riservato, descritto da chi lo conosce come una persona che ha sempre cercato di sostenere i figli, anche nei momenti difficili. Non risulta indagato, ma è coinvolto in un procedimento giudiziario avviato dalla ex compagna per presunti maltrattamenti.
Proprio il giorno del ricovero di Pietro, la madre si sarebbe allontanata da casa per andare a prendere il figlio più grande a scuola. Una routine che nasconde ora un dramma che ha sconvolto una famiglia e una comunità intera. L’uomo, contattato dai giornalisti, ha risposto con poche parole: «Non so nulla di ciò che è accaduto».
Il caso di Pietro apre una ferita più grande, che riguarda l’attenzione ai segnali, il ruolo delle famiglie e delle istituzioni, e il delicato equilibrio tra diagnosi mediche e tutela dei più piccoli. Mentre il neonato lotta per la vita in terapia intensiva, le indagini proseguono con la speranza di trovare risposte e chiarire ogni dettaglio di questa tragica vicenda. Fatima, sui social, lancia il suo grido di dolore e di interrogativi: «Perché quando ho portato mio figlio in ospedale il 28 maggio è stato rimandato a casa con un semplice antibiotico?». Una domanda che pesa come un macigno e che apre uno scenario di riflessione profonda su cosa sia successo davvero nei giorni prima del ricovero.