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Trump giustifica Putin e lancia l’allarme: “Spero che guerra non diventi nucleare”

Pubblicato: 07/06/2025 11:40

Donald Trump ha scelto parole tanto semplici quanto esplosive: “Spero che la guerra tra Ucraina e Russia non diventi un conflitto nucleare“. Parole che preoccupano il mondo, perché fanno capire che l’intelligence americana è in allarme, e che gli analisti considerano la possibilità come reale.

E parole che pesano ancora di più quando a pronunciarle è il Presidente degli Stati Uniti. Le sue dichiarazioni, rese ai giornalisti durante una conferenza stampa informale, nascondono molto più di quanto sembrino dire. E meritano un’analisi accurata.

La critica agli ucraini e l’effetto boomerang

Trump ha criticato duramente l’attacco ucraino con droni dentro i confini della Federazione Russa. “Hanno dato a Putin una ragione per bombardarli a tappeto. Quella è la cosa che non mi è piaciuta. Quando l’ho visto ho pensato: ora ci sarà la rappresaglia“, ha detto senza mezzi termini.

Una frase che contiene un chiaro messaggio: la colpa dell’escalation è anche – forse soprattutto – di Kiev. È un’argomentazione controversa, che riecheggia posizioni più vicine al realismo geopolitico che all’atlantismo puro, e che sposta la responsabilità del conflitto anche sul governo ucraino, colpevole secondo Trump di aver dato un pretesto a Mosca.

La linea Trump: distacco o strategia?

Non è la prima volta che Trump adotta questa postura. Fin dai primi giorni dell’invasione russa, l’ex presidente ha mantenuto una linea ambigua, fatta di condanne poco convinte all’aggressione di Putin e di inviti generici alla trattativa. La sua visione del conflitto è sempre stata improntata alla riduzione dell’impegno statunitense: no a guerre infinite, sì a soluzioni rapide, anche a costo di sacrificare parte delle richieste ucraine.

Ma la novità di oggi sta nel tono allarmato. Quando Trump dice “spero che non diventi un conflitto nucleare”, non sta solo commentando. Sta prospettando un rischio concreto, lanciando un messaggio di urgenza, e implicitamente sostenendo che la strategia attuale potrebbe portare a una catastrofe.

Un assist a Mosca?

Il Cremlino non ha commentato ufficialmente, ma è lecito aspettarsi che le parole di Trump siano accolte con favore a Mosca. Dipingere l’Ucraina come provocatrice, suggerire che Putin “risponde” piuttosto che aggredisce, e mettere in dubbio la prudenza della strategia occidentale equivale nei fatti a legittimare la narrazione russa.

E questo apre una domanda scomoda: quale sarà in futuro la posizione americana sul conflitto? Il rischio – per Kiev e per l’Europa – è quello di ritrovarsi con una Casa Bianca più incline al compromesso con Mosca, con sostegno diminuito per Kiev

La guerra vista da chi potrebbe riscriverla

Oggi le sue parole sembrano quasi quelle di un osservatore esterno. Ma Trump non è un commentatore: è il presidente Usa e leader del mondo occidentale. Quando parla di guerra, lo fa da potenziale decisore. E se il suo messaggio è pace, il suo metodo sembra quello del disimpegno e della colpevolizzazione delle vittime. È una postura che cambia la partita.

Trump non ha detto che gli Stati Uniti si ritireranno. Non ha parlato di negoziati o di alleanze. Ma ha detto abbastanza da far capire che l’America potrebbe fare un passo indietro. Anche se a Kiev e agli alleati occidentali questo pragmatismo potrebbe sembrare un tradimento.

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