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Gravina rompe il silenzio: ecco il destino di Spalletti dopo la vergogna

Pubblicato: 08/06/2025 13:06
gravina spalletti

Dopo la sconfitta bruciante contro la Norvegia, che ha scosso le fondamenta del progetto azzurro, il presidente della FIGC Gabriele Gravina rompe il silenzio e lo fa con parole dense di stima, ma anche di consapevolezza. Al centro del suo intervento, Luciano Spalletti: commissario tecnico della Nazionale, figura chiave nel progetto di rifondazione del calcio italiano, ma ora sospeso in un limbo di incertezze.

Luciano è una persona straordinaria, dall’animo nobile, la persona più bella che abbia mai incontrato nel mondo del calcio. Gli attacchi che sta subendo sono immeritati: al calcio serve, al calcio fa bene”, dichiara Gravina, usando parole che vanno ben oltre la semplice diplomazia. È un attestato di stima profondo, umano prima ancora che professionale. Ma è anche una premessa, il preludio a una riflessione più ampia che coinvolge non solo l’uomo Spalletti, ma l’intero sistema-calcio italiano.

La ferita norvegese

La sconfitta contro la Norvegia, arrivata con un secco 3-0 che ha lasciato poche attenuanti, è il punto di rottura. Una gara giocata senza anima, con una Nazionale che ha mostrato tutte le sue fragilità: poca incisività, reparti scollegati, e – soprattutto – un’identità che fatica a emergere. Per un commissario tecnico arrivato con l’aura dell’innovatore, capace di portare il Napoli a un tricolore storico, il contraccolpo è stato violentissimo.

Spalletti, racconta Gravina, ha reagito con dignità e determinazione: “Subito dopo la partita ha indossato l’elmetto, l’armatura di chi crede nei valori del calcio. È molto ferito, perché ha sempre inteso il suo ruolo come un servizio all’Italia”. L’immagine è forte: un condottiero colpito, ma ancora in piedi. Tuttavia, non è sufficiente per sciogliere i nodi che ora stringono il destino azzurro.

Le parole sul futuro del ct

Il presidente della FIGC allarga poi l’orizzonte, individuando una falla nel sistema: “Se noi abbiamo delle responsabilità è che non siamo stati bravi a far capire a questi ragazzi cosa significa l’orgoglio di indossare questa maglia”. Non è solo una critica alla prestazione in campo, è una riflessione sull’identità stessa della Nazionale, sul valore simbolico della maglia azzurra che sembra essersi smarrito nelle nuove generazioni.

Eppure, è evidente che anche il ct è sotto esame. Gravina non si sbilancia, ma apre chiaramente a ogni possibilità: “Non posso dirlo, con Luciano stiamo parlando. Dobbiamo trovare la migliore soluzione per un rilancio che deve partire da domani sera”. Parole pesanti. L’idea di un futuro senza Spalletti sulla panchina azzurra non è più un tabù. Nessun appuntamento ufficiale è fissato, ma i contatti sono continui. “Lui è una persona responsabile – aggiunge Gravina – oggi continueremo a parlare e poi vediamo cosa verrà fuori”.

Il nome di Ranieri e la cautela sui successori

Sui possibili successori, il presidente si trincera dietro la cautela. Il nome di Claudio Ranieri circola con insistenza, alimentato anche dalla recente conclusione della sua carriera in panchina, ma Gravina taglia corto: “Di nomi se ne fanno tanti, ma non è il momento dei nomi”. Un messaggio chiaro: prima viene il confronto con Spalletti, poi – eventualmente – la scelta di un nuovo profilo.

Una resa dei conti imminente

Il tempo, però, è un lusso che la Nazionale non può permettersi. Con l’Europeo alle porte e una qualificazione ancora tutta da giocare, ogni incertezza pesa come un macigno. Il futuro di Spalletti è appeso a un filo sottile, che oscilla tra la fiducia e la disillusione. L’uomo c’è, l’allenatore anche – ma serve una scossa, un rilancio autentico, una rotta chiara da seguire.

Ecco perché il faccia a faccia tra Gravina e Spalletti non è solo un confronto tecnico: è un passaggio cruciale per il futuro del calcio italiano. Se sarà ancora Luciano a guidare gli Azzurri, dovrà farlo con il pieno sostegno della Federazione e con una squadra finalmente consapevole del peso e del privilegio di rappresentare l’Italia.

Il tempo delle parole è finito. Il calcio italiano ha bisogno di risposte. E le ha bisogno adesso.

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