Roma — Il terremoto è arrivato in silenzio, ma ha fatto tremare le fondamenta di Coverciano. Luciano Spalletti, commissario tecnico della Nazionale italiana, sarà sollevato dall’incarico dopo il match contro la Moldova in programma domani sera. L’annuncio, giunto durante la conferenza stampa pre-partita, ha colto di sorpresa giornalisti e addetti ai lavori, ma i segnali c’erano, sotterranei ma innegabili, da settimane.
La parabola di Spalletti in azzurro è stata breve, turbolenta, e infine incompiuta. Arrivato in trionfo dopo la storica cavalcata scudetto con il Napoli, l’allenatore toscano avrebbe dovuto portare freschezza, idee e un’identità di gioco riconoscibile alla Nazionale. Invece, si è scontrato con un gruppo stanco, con limiti tecnici evidenti e con un sistema federale che non gli ha mai garantito la piena autonomia. Le frizioni con alcuni senatori dello spogliatoio e le incomprensioni tattiche — tra moduli ibridi e esperimenti azzardati — hanno contribuito a erodere la fiducia intorno alla sua figura. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata sicuramente la sconfitta per 3-0 con la Norvegia, che ha messo a rischio la qualificazione ai prossimi Mondiali.

Pioli in pole, Ranieri l’outsider d’esperienza
Il tempo stringe e la Federazione si trova ora di fronte a una scelta cruciale. Il nome più caldo per raccogliere l’eredità di Spalletti è quello di Stefano Pioli. Reduce da un ciclo lungo e complesso alla guida del Milan, culminato con uno scudetto insperato e un ritorno stabile nelle coppe europee, Pioli viene considerato un tecnico equilibrato, capace di gestire la pressione e lavorare con una rosa giovane ma con molte fragilità. Pioli porta con sé una visione tattica chiara, una leadership gentile ma autorevole, e un profilo sufficientemente “istituzionale” per non agitare ulteriormente le acque federali. Ha già dato la sua disponibilità, secondo fonti vicine alla FIGC, e sarebbe pronto a entrare in carica già dopo la sfida con la Moldova.
Non va però sottovalutato il nome di Claudio Ranieri. Il tecnico romano, fresco di esperienza straordinaria alla Roma, rappresenta l’usato sicuro. Uomo di valori, simbolo di sobrietà e pragmatismo, Ranieri potrebbe essere scelto come figura di transizione, capace di traghettare la Nazionale verso il Mondiale 2026. Il suo nome ha peso, carisma e un curriculum che parla da sé: dalla favola Leicester al rispetto internazionale guadagnato ovunque abbia allenato.

Suggestione Mancini: ritorno o fantasma?
E poi c’è l’ipotesi più clamorosa, la più divisiva, la più complessa da gestire mediaticamente: il ritorno di Roberto Mancini. L’ex CT resta un nome che evoca ancora memorie forti, nel bene e nel male. La notte magica di Wembley è ancora viva nei cuori degli italiani, ma anche le polemiche sul suo addio improvviso e il passaggio milionario verso la panchina saudita bruciano nella memoria collettiva.
Un ritorno di Mancini appare difficile — per tempi, per costi, per credibilità — ma non impossibile. La politica calcistica, si sa, non conosce verità assolute. Basterebbe una telefonata, un segnale d’apertura, una volontà comune di archiviare il passato. E già si rincorrono le voci: Gravina ci starebbe pensando, sondando il terreno con diplomazia.