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Delitto Mattarella, la procura di Palermo indaga su un’impronta ritrovata nell’auto dei killer

Pubblicato: 09/06/2025 16:39

A 45 anni dall’assassinio di Piersanti Mattarella, la procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, continua a scavare per dare un volto definitivo al killer che, il 6 gennaio 1980, sparò al presidente della Regione Siciliana. Mattarella rappresentava un simbolo di cambiamento e legalità, e la sua morte è rimasta a lungo avvolta dal mistero. Oggi, però, l’inchiesta ha preso una nuova direzione, con due nomi noti della mafia iscritti nel registro degli indagati: Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese.

Una vecchia impronta, nuove tecnologie

Tra gli elementi riscoperti c’è un’impronta trovata nell’auto dei killer, una Fiat 127. All’epoca era stata giudicata inutilizzabile, ma con le moderne tecniche di analisi, la Polizia Scientifica tenterà di estrarre il DNA dal reperto. Era situata nello sportello lato guida, un dettaglio che potrebbe oggi fornire riscontri determinanti.

Questo tentativo rientra in un’indagine paziente e minuziosa: gli investigatori, insieme a magistrati e diverse forze dell’ordine, hanno riesaminato ogni passaggio del caso e ascoltato decine di pentiti, cercando conferme o nuovi elementi. Il risultato è stato l’inserimento nel registro degli indagati di Madonia e Lucchese, che all’epoca dei fatti avevano rispettivamente 28 e 22 anni.

Non i Nar, ma i boss

A lungo si era creduto che dietro l’omicidio Mattarella ci fossero i neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, membri dei Nar. Un’ipotesi sostenuta anche dal giudice Giovanni Falcone, ma smentita dai tre gradi di giudizio che hanno assolto entrambi. Oggi, l’attenzione degli inquirenti si concentra invece su due figure ben radicate in Cosa Nostra.

Antonino Madonia, figlio del noto boss don Ciccio, apparteneva alla potente famiglia di Resuttana. Giuseppe Lucchese, invece, era considerato l’astro nascente del clan di Ciaculli. Entrambi sono stati condannati all’ergastolo per numerosi omicidi, tra cui l’uccisione del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, avvenuta il 3 settembre 1982. Erano considerati killer di fiducia di Totò Riina, protagonisti della stagione di sangue che ha segnato la Sicilia negli anni Ottanta.

Il lavoro della procura di Palermo sta cercando di riscrivere una verità storica, sfidando il tempo e il silenzio per ricostruire uno dei delitti più simbolici della Prima Repubblica. Le prossime analisi sull’impronta potrebbero essere la chiave per chiudere definitivamente il cerchio.

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