
Non è stato raggiunto il quorum ai referendum con l’affluenza che si è fermata intorno al 30%. Si votava su cinque quesiti: quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza. Ieri si è votato dalle 7 alle 23 e l’affluenza è stata del 22,7 per cento. CLICCA QUI PER I RISULTATI DEFINITIVI
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Il centrodestra all’attacco dell’opposizione
“Schlein, Bonelli e i vari opinionisti schierati hanno fatto perdere non guadagnare punti all’affluenza. E forse non solo i miei perché ho testimonianza di tanti che schifati dal loro “Dalli a La Russa” o peggio “Dalli alla Meloni” hanno deciso di rinunciare ad andare a votare. Contenti loro”. Lo ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa.
“Forse bisogna cambiare la legge sui referendum, servono probabilmente più firme, anche perché abbiamo speso tantissimi soldi per esempio per portare centinaia di migliaia, milioni di schede per gli italiani all’estero che sono tornate bianche” ha invece commentato il vicepremier e il ministro degli Esteri Antonio Tajani al Tg1. “Poi per quanto riguarda le valutazioni di tipo politico, innanzitutto lo strumento del referendum per avviare iniziative politiche non si è risolto positivamente”, ha affermato.

La replica di Elly Schlein
«Hanno fatto una vera e propria campagna di boicottaggio politico e mediatico di questo voto ma hanno ben poco da festeggiare: per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022. Ne riparleremo alle prossime politiche» ha detto Elly Schlein, segertaria Pd, in una nota.
Calenda, che figura!
Il senatore Carlo Calenda si è recato al seggio a Roma per votare ai referendum, ma ha trovato la propria tessera elettorale con tutti i timbri esauriti. Un momento di lieve imbarazzo tra gli scrutatori e il senatore. Uno degli scrutatori gli ha indicato la procedura: “Vada in via Petroselli, le rifanno subito la scheda“. All’uscita dal seggio, Calenda ha commentato: “Sono andato a votare e avevo anche la tessera esaurita. Detto questo, sono un senatore eletto: è giusto che chi è eletto vada a votare. Dopodiché sui referendum… è una lunga prassi. Chi vuole andare va, chi non vuole andare non va: vuol dire che non è d’accordo con i quesiti, e non c’è nulla di antidemocratico in questo”.
Una sconfitta netta per Schlein, che ora parla di boicottaggio
Sul piano politico, il dato è inequivocabile: si tratta di una pesante sconfitta per Elly Schlein, che ha sostenuto la campagna referendaria facendone un terreno di visibilità e mobilitazione. La segretaria del Partito Democratico aveva puntato su un’alleanza “di popolo” e sulla capacità del centrosinistra di riaccendere la partecipazione. Ma la risposta degli italiani è stata un silenzio di massa.
All’opposto, la strategia attendista di Giorgia Meloni si rivela vincente. Fratelli d’Italia non ha ostacolato il voto, ma ha scelto di non esporsi, lasciando che fosse il popolo a ignorare le urne. Il risultato premia questa linea: il centrodestra esce rafforzato, senza aver mosso un dito. Una vittoria di inerzia, che però pesa politicamente.
In un video girato fuori dal seggio si vede un confronto tra Schlein e una votante e si sente la donna chiedere: “
Ha risolto il sistema del boicottaggio?” ed Elly Schlein ha dichiarato: “Adesso ci stiamo informando di tutto, succede dappertutto. Ci sono dei casi… in cui stanno dicendo delle cose. Abbiamo tutti i nostri rappresentanti, prendiamo nota di tutto”.
Nord più attivo, Sud assente: ma non basta
La partecipazione più alta si registra in Toscana (27,5%), Emilia-Romagna (26%) e Piemonte (24,1%). Anche il Lazio e la Liguria superano il 22%. Ma sono eccezioni. In Calabria si vota solo al 17,3%, in Sicilia al 16,2%, in Sardegna al 16,9%. La Puglia si ferma al 17,6%. L’Italia resta spaccata, ma ovunque prevale l’astensione.
Referendum ignorato, democrazia ferita
I dati indicano che neppure le spinte polemiche riescono più a mobilitare. Il referendum appare ormai uno strumento logorato, incapace di scaldare gli animi. E chi aveva puntato sulla forza simbolica del voto per rilanciare il campo progressista deve fare i conti con una débâcle numerica e culturale.
La partecipazione resta bassa e distribuita con scarti minimi tra i quesiti, segno di consapevolezza, ma senza massa critica. Il vuoto comunicativo e l’assenza di un fronte largo e convincente hanno reso questa consultazione priva di spinta, di emozione, di radicamento sociale.