
Laser, scanner e droni. Per ore la tecnologia ha «riletto» ogni centimetro quadrato della villetta di via Pascoli. L’obiettivo è ricreare in 3D la scena del delitto, come se i 18 anni che separano dal 13 agosto 2007 non fossero mai passati. Fra 60 giorni sarà pronto un modellino accurato e «bianco», su cui ogni traccia — sangue, impronte, DNA — sarà posizionata con precisione per una nuova ricostruzione dell’omicidio di Chiara Poggi. Un lavoro simile era già stato fatto nel 2007 con la mappatura delle macchie di sangue sul pavimento, e poi nel 2014, per l’Appello bis che condannò Alberto Stasi, estendendo l’analisi agli schizzi sulle pareti. Ora tutto sarà aggiornato grazie ai progressi di hardware e software.
Sulla nuova mappatura tridimensionale sarà appuntata ogni novità investigativa. Particolarmente importante è la cosiddetta «papillare 33», l’impronta del palmo della mano destra rilevata sul muro delle scale che scendono in cantina, vicino al corpo della vittima. La recente consulenza dattiloscopica della Procura di Pavia, condotta con i carabinieri del nucleo investigativo di Milano, l’ha attribuita all’indagato Andrea Sempio. Da questa traccia si potrebbe capire la «storia» dietro la sua presenza: se sia stata lasciata da chi si appoggiava alla parete affacciandosi dalla soglia, o da qualcuno posizionato qualche gradino più in basso. Il modellino conterrà anche eventuali nuovi dati emersi dall’incidente probatorio, in cui saranno analizzate le «para-adesive» a caccia di materiale biologico, che verrà collocato con precisione sul luogo del delitto.

Il risultato dei rilievi svolti dagli specialisti dei carabinieri, coordinati dal Racis (Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche) e affidati ad Andrea Berti, comandante del Ris di Cagliari, permetterà di riposizionare anche le foto scattate nei primi sopralluoghi. Sarà possibile osservare e valutare la scena d’insieme, tracciata dalle svariate macchie di sangue, e rivedere la dinamica dell’omicidio sotto una nuova luce.

Quando non ci sono testimoni diretti, sono le gocce e gli schizzi di sangue a raccontare la scena del crimine. È la Bloodstain Pattern Analysis (BPA), uno studio che analizza la disposizione delle tracce ematiche per ricostruire come si è svolto un delitto. Il 12 dicembre 2007, i carabinieri del Ris di Parma ricostruirono la dinamica: un’aggressione iniziata in soggiorno, vicino alle scale per il primo piano, dove la vittima fu sopraffatta e colpita più volte alla testa con un’arma contundente, probabilmente priva di manico, dato che le tracce di sangue «cast-off» (gocce proiettate dall’arma) erano scarse.

Il corpo di Chiara fu poi trascinato per i piedi fino al corridoio, dove avvenne una seconda fase dell’aggressione vicino al tavolino del telefono. Qui la vittima sarebbe stata colpita di nuovo, forse dopo una sua reazione. Infine, il corpo fu sollevato e gettato sulle scale che conducono in cantina, dove il delitto si concluse.
Nell’analisi restavano però due anomalie. La prima riguardava tre piccole gocce di sangue davanti al divano, di difficile interpretazione. Nella relazione si ipotizzava che potessero derivare da una fase iniziale dell’aggressione, magari un pugno sferrato al naso della vittima prima che cercasse di fuggire verso altre stanze.
La seconda anomalia era una traccia sulla parete tra il terzo e il quarto gradino della scala della cantina. Considerate le proporzioni del pattern, non si esclude che Chiara abbia ricevuto un ulteriore colpo fatale alla testa da un aggressore che avrebbe seguito la vittima lungo la scala, chiudendo così tragicamente la vicenda.