
Un sorriso smagliante, bandiere strategicamente piazzate sullo sfondo, e una frecciatina sottintesa a mezza bocca: così Giorgia Meloni ha deciso di rispondere a Elly Schlein, che poche ore prima l’aveva accusata di essere stata simbolicamente “bocciata” dagli italiani. Il tutto, ovviamente, via social. Nessuna conferenza stampa, nessun contraddittorio: bastano un selfie e un caption con puntini di sospensione, ché l’ironia – quando si governa – meglio affidarla allo sguardo.
“Elly Schlein dice che i voti del referendum dicono no a questo governo…” ha scritto la premier, lasciando che siano i filtri Instagram e il linguaggio non verbale a completare il pensiero. È il nuovo linguaggio della politica, dove il dibattito democratico si combatte con le emoji e le stories.
Schlein: “La coerenza, questa sconosciuta”
Ma Schlein non resta a guardare. Va sotto il post e commenta come farebbe un follower qualsiasi: “La coerenza, questa sconosciuta!”. E allega uno screenshot vintage risalente al 2016, quando una Meloni in versione oppositrice difendeva a spada tratta il valore del referendum sulle trivelle, invocando rispetto per i cittadini che si erano recati alle urne. “Il governo ha fatto di tutto per favorire l’astensionismo”, scrive oggi Schlein, accusando l’esecutivo di aver remato contro la partecipazione.
A quel tempo, Meloni tuonava contro il disinteresse della politica. Oggi, con il quorum mancato, si limita a postare sorrisi a favore di camera. Da paladina della volontà popolare a regista dell’apatia referendaria: un salto triplo carpiato nella retorica.
Conte ripesca il post del 2016: “Ti sei smentita con scarsa dignità”
Poi arriva Giuseppe Conte, che evidentemente aveva salvato quel post del 2016 nei preferiti. L’ex premier attacca frontalmente: “Una volta ottenuto il potere, anche sull’istituto referendario ti sei smentita, con scarsa dignità”. E accusa il partito di Meloni di aver denigrato chi si batteva per più diritti ai lavoratori, mentre “esultava trionfalmente” per l’astensione.
Anche lui, come Schlein, tira in ballo il Fazzolari di riferimento, i “trucchetti” per disincentivare il voto, e la metamorfosi da barricadera a istituzionale da copertina. L’impressione è che, più che difendere o criticare un’idea, oggi si lotti per vincere il meme del giorno.
Precedente d’autunno: sempre sotto i post, sempre a colpi di commenti
Già nell’autunno del 2024, la faida social tra Schlein e Meloni si era manifestata sotto un altro post, quello in cui la premier bollava come “scandalosa” la richiesta del Pd di un’infrazione Ue sull’accordo con l’Albania per i migranti. Anche lì, Schlein replicava con tono lapidario: “Quindi è colpa del Pd se i giudici hanno deciso che non rispettate le leggi?”
La differenza, forse, è che allora si parlava ancora di politica. Oggi, più che un dibattito, è una battaglia di caption, una rincorsa allo screenshot più umiliante da riesumare, con gli staff pronti a setacciare Twitter come archeologi dell’incoerenza.
E in mezzo, 14 milioni di italiani che hanno votato. E altri 40 che si domandano, forse, se non sarebbe meglio passare a TikTok. Almeno lì, il cambio di posizione si chiama “trend”.