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Referendum, rivolta contro Elly Schlein dopo la sconfitta, Pd spaccato: “Regalo enorme alla Meloni”

Pubblicato: 10/06/2025 08:18
referendum rivolta Pd Schlein

Un referendum nato per lanciare una sfida al governo Meloni, ma finito per diventare un boomerang politico tutto interno al Partito Democratico. Il mancato raggiungimento del quorum ha aperto una profonda frattura tra la segreteria guidata da Elly Schlein e l’ala riformista del partito, da sempre più pragmatica e lontana dalle pulsioni ideologiche della sinistra sindacale.
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Riformisti all’attacco: “Una battaglia ideologica e anacronistica”

A rompere il silenzio, con parole nette e senza sconti, è Giorgio Gori, eurodeputato ed ex sindaco di Bergamo, che definisce l’iniziativa referendaria «un autogol prevedibile» che il partito avrebbe dovuto evitare. Per Gori, il Partito Democratico si è infilato in una battaglia «ideologica e anacronistica», alimentata più da una logica identitaria che da una reale volontà di incidere sul presente.

Sulla stessa linea anche Lia Quartapelle, che su Facebook liquida la partecipazione al referendum come «una battaglia rivolta al passato». Una valutazione condivisa anche da Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, che parla di «una sconfitta profonda, seria, evitabile». Il messaggio è chiaro: la decisione di appoggiare i quesiti referendari non solo non ha pagato, ma ha danneggiato il partito e la sua credibilità presso l’elettorato moderato.

Il nodo Jobs Act e la resa dei conti con la Cgil

La rottura ha radici profonde. I riformisti del Pd sono stati gli architetti del Jobs Act, la riforma del lavoro voluta dieci anni fa dal governo Renzi. Quel modello è stato in parte superato da interventi legislativi e sentenze della Corte costituzionale, ma resta un punto simbolico per chi, nel partito, ha sempre cercato un equilibrio tra diritti dei lavoratori e modernizzazione del mercato.

Per questo l’adesione di Schlein alla linea di Maurizio Landini, leader della Cgil e principale promotore del referendum, è stata vissuta come una resa culturale. Lo sottolinea anche Luigi Sbarra, ex segretario della Cisl, che definisce il risultato «disastroso» e destinato a segnare il futuro politico della segretaria. Secondo Sbarra, «il nuovo articolo 18 è la formazione», e il futuro è rappresentato dall’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, che promuove la partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa.

Schlein non arretra: “Giusto spendersi per i cittadini”

Nonostante la sconfitta, Elly Schlein non mostra cedimenti. In una dichiarazione pubblica, ringrazia i 14 milioni di italiani che si sono recati alle urne e ribadisce la legittimità dell’impegno del partito: «Peccato per il mancato raggiungimento del quorum – ammette – ma era giusto spendersi su questioni che riguardano la vita di milioni di persone».

La segretaria rilancia il proprio ruolo e attacca frontalmente il governo: «Hanno poco da festeggiare – dichiara – perché per questi referendum hanno votato più persone di quante ne votarono per la destra nel 2022». Un’analisi ardita, che somma indiscriminatamente i voti favorevoli e contrari, e che viene interpretata come un tentativo di rivendicare un consenso sfumato.

L’ira della minoranza: “Un regalo alla destra”

Il malcontento dell’ala riformista è palpabile. «Un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre», denuncia ancora Pina Picierno, che molti vedono come una possibile alternativa centrista alla leadership di Schlein. Picierno non si limita alla critica politica, ma richiama il partito a un bagno di realtà: «Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro, non rese dei conti con il passato. Ora servono maturità, serietà e ascolto».

Molti tra i riformisti hanno deciso di dissociarsi apertamente dalla linea della segretaria. Picierno, ad esempio, ha rifiutato tre delle cinque schede referendarie, seguita da altri esponenti del partito che hanno preso le distanze da un’iniziativa ritenuta priva di concrete prospettive e prigioniera di logiche sindacali.

Una leadership ancora salda ma sotto pressione

Nonostante le tensioni interne, Elly Schlein conserva il controllo del Partito Democratico, almeno per ora. Tuttavia, il risultato del referendum potrebbe rappresentare un punto di svolta. Il rischio, secondo molti osservatori, è che il Pd continui a oscillare tra spinte ideologiche e richiami alla realtà senza mai trovare una sintesi politica capace di parlare al Paese.

I riformisti chiedono un cambio di passo, una linea che metta al centro il lavoro, sì, ma anche l’innovazione, la partecipazione e la concretezza. Il referendum ha fallito non solo per il mancato quorum, ma perché ha mostrato un partito diviso, incapace di costruire un’alternativa credibile alla destra al governo. E ora il conto lo paga soprattutto chi ha voluto questa sfida, senza ascoltare i segnali di chi, da mesi, chiedeva cautela.

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Ultimo Aggiornamento: 10/06/2025 09:27

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