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Femminicidio Cene, marito e moglie nello stesso funerale per “celebrare l’amore”: il rito shock

Pubblicato: 11/06/2025 20:19

Una celebrazione dell’amore. Così è stata definita, da chi l’ha voluta, la funzione che ha riunito nella stessa chiesa i corpi di Elena Belloli, 51 anni, e di Rubens Bertocchi, suo marito e assassino. Un funerale congiunto, carico di simboli e dolore, che ha suscitato indignazione, sgomento e divisione nella comunità di Cene, nella Val Seriana, dove la tragedia si è consumata il 5 giugno scorso. L’uomo ha sparato sette colpi di pistola alla moglie, sospettata di un tradimento, per poi togliersi la vita con l’ottavo colpo.

Una decisione, quella delle esequie congiunte, che ha sollevato molti interrogativi. Davvero si può accostare nello stesso rito vittima e carnefice, riunirli simbolicamente davanti all’altare nel nome di un amore che si è trasformato in morte? E che impatto ha una simile scelta su chi resta, su chi osserva, su chi cerca giustizia?

Alle 15 in punto, le due bare sono state condotte all’interno della chiesa prepositurale di San Zenone. La folla, composta da centinaia di persone, ha assistito in silenzio, molti in lacrime. In prima fila i due figli, Davide e Andrea, di 11 e 20 anni, muti e distrutti, schiacciati da un dolore difficile anche solo da immaginare.

Il parroco don Primo Moioli, che venticinque anni prima aveva celebrato le nozze di Elena e Rubens, ha guidato la funzione. Ha parlato di “sgomento e straziante dolore”, ha definito Elena una “vittima di una società malata”, ha condannato con forza il maschilismo che ancora attraversa la nostra cultura, e ha invocato una nuova legislazione a tutela delle donne. Ha anche aggiunto: “Celebriamo l’amore che è più forte della morte”.

Ma le parole del sacerdote, per quanto sentite, non hanno placato il dibattito sull’opportunità del rito congiunto. “Non capisco la sorpresa”, ha commentato il sindaco Edilio Moreni, “è una scelta della famiglia, un modo per proteggere i figli e tenerli lontani dal clamore mediatico”. Tuttavia, in molti, tra i cittadini e sui social, hanno percepito questa scelta come un tentativo di equivalenza tra chi ha ucciso e chi è stata uccisa.

La regia del funerale ha cercato di marcare le differenze. La bara di Rubens è arrivata prima, senza fotografia, coperta da rose bianche. Quella di Elena, invece, dopo, ornata di rose rosa e con un ritratto in cornice. E anche l’uscita dalla chiesa ha distinto i ruoli: silenzio assoluto per lui, applausi e lacrime per lei.

Il funerale è terminato con le parole “Ciao Elena, riposa in pace”, seguite da un lungo applauso. Nessuna camera ardente per i due, entrambi saranno cremati. I figli li hanno accompagnati per l’ultima volta, con lo sguardo basso, nel silenzio più assoluto. Un dolore che resterà inciso nel cuore di una comunità intera, che oggi si interroga, attonita, su ciò che è giusto, su ciò che è amore, su ciò che è memoria.

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