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“Giustizia fatta!”. L’ex campione umilia Sinner e scoppia il caso: è bufera!

Pubblicato: 11/06/2025 18:40
sinner mcnamee

La sconfitta di Jannik Sinner nella finale del Roland Garros 2025 ha scatenato un’ondata di reazioni e commenti, alcuni dei quali hanno sollevato più di un sopracciglio. L’epilogo più lungo nella storia del torneo parigino, che ha visto l’italiano soccombere contro Carlos Alcaraz, non è stato accolto con il dispiacere che ci si aspetterebbe per un campione. Anzi, alcune voci autorevoli del mondo del tennis hanno espresso un’opinione controcorrente, quasi a voler leggere nella sconfitta di Sinner una sorta di “giusta punizione”.

Questa prospettiva, seppur non esplicitamente legata, ha fatto riemergere antiche ombre, quelle legate al “caso clostebol” che ha tenuto Sinner lontano dai campi per un trimestre. Nonostante non ci siano stati riferimenti diretti all’episodio, la retorica utilizzata da alcuni osservatori ha inevitabilmente richiamato alla mente il periodo in cui Sinner è stato assente dal circuito a causa dei test antidoping positivi. La suggestione di un “conto da pagare” per quella vicenda, seppur non dichiarata, ha aleggiato in modo palpabile sui commenti post-partita.

McNamee contro Sinner, poi ci ripensa

Inizialmente, Paul McNamee, figura di spicco nel tennis australiano, con un passato glorioso nel doppio negli anni ’80 e un’esperienza dirigenziale di successo, tra cui la direzione degli Australian Open e della Hopman Cup, ha espresso su Twitter una posizione che ha fatto discutere. “Sinner ha giocato un match incredibile, ma non sarebbe stato giusto se avesse vinto, sulla terra battuta e con tutto il resto. Per me, ha vinto la persona giusta“, ha scritto McNamee. Una dichiarazione che, pur lodando la prestazione di Sinner, sembrava quasi celebrare la sua sconfitta come un esito inevitabile e meritato. L’assenza di un riferimento diretto al “caso clostebol” non ha impedito a molti di leggere tra le righe un’allusione alla vicenda.

Tuttavia, lo stesso McNamee ha sentito il bisogno di fare marcia indietro, evidentemente consapevole del messaggio implicito veicolato dalle sue parole. “Mi dispiace di aver fatto un’osservazione insinuando che ‘giustizia’ fosse stata fatta quando Sinner ha perso la partita… alla fine, non è stata una cosa bella da dire”, ha ammesso l’ex tennista, riconoscendo il tono inappropriato del suo commento. Questo ripensamento evidenzia la delicatezza del tema e la risonanza che le parole di personaggi influenti possono avere nell’opinione pubblica.

Le reazioni

Ad amplificare il dibattito sono giunte anche le dichiarazioni di Mark Petchey, allenatore della britannica Emma Raducanu. Secondo Petchey, “Molti pensano che” Sinner “non abbia pagato il prezzo dei suoi tre mesi di lontananza dal mondo del tennis”. E a Parigi, ha proseguito l’ex coach a Tnt Sports, “ha pagato il suo prezzo. Non ha giocato molte partite importanti negli ultimi mesi e credo che il peso emotivo sia stato cruciale per lui contro uno come Carlos Alcaraz. Penso che abbia pagato un prezzo piuttosto alto non aggiungendo al suo curriculum un terzo Grande Slam consecutivo”.

Le parole di Petchey suggeriscono che l’assenza di Sinner dal circuito abbia avuto un impatto significativo sulla sua preparazione e sulla sua resilienza emotiva in un contesto di alta pressione come una finale Slam, lasciando intendere che, in un certo qual modo, la sconfitta sia stata una conseguenza inevitabile di quel periodo lontano dai campi. La narrazione di una “giustizia” o di un “prezzo da pagare” ha così permeato il post-partita, offuscando in parte la pura analisi sportiva di un match epico.

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