Vai al contenuto

Graz, l’ultimo messaggio alla madre: “Ti chiedo scusa, occupati di lui”

Pubblicato: 11/06/2025 18:15

Un messaggio registrato in anticipo. Una richiesta di perdono, parole d’amore rivolte alla madre, un addio straziante che non ha potuto impedire l’irreparabile. Artur A., 21 anni, è l’autore della strage nella scuola Borg Dreierschutzengasse di Graz, dove la mattina di lunedì 10 giugno ha ucciso nove studenti e un’insegnante prima di togliersi la vita.

Nel video inviato pochi minuti prima della mattanza, il giovane ringraziava la madre per le cure ricevute, confessando quanto stava per fare: “perdonami per quello che sto per fare, prenditi cura del gatto”. Quando la donna ha visualizzato il messaggio, erano già passati 24 minuti: troppo tardi. La tragedia si era già consumata nei corridoi dell’istituto, a due passi dalla stazione ferroviaria, dove Artur aveva studiato prima di abbandonare i corsi.

Un ragazzo schivo, isolato, invisibile quasi

Artur A. viveva con la madre nel quartiere operaio di Kalsorfer, un’area anonima a sud della città, poco lontano dall’aeroporto. Un’esistenza riservata, raccontano i vicini, che lo descrivono come un giovane silenzioso, mai coinvolto nei momenti di socialità del rione. Nessuno poteva immaginare ciò che stava covando in silenzio.

Quando, nel pomeriggio, la polizia ha fatto irruzione nella casa dove viveva, ha trovato una bomba artigianale non funzionante e appunti riconducibili a un possibile piano di attentato. Ma nella scuola, Artur è entrato armato di una pistola e un fucile da caccia, strumenti letali con cui ha colpito gli ex compagni e una docente. Secondo Kronen Zeitung, tra le vittime ci sarebbe anche una ragazza che abitava nel suo stesso quartiere.

Tragedia evitata per caso

Alcuni studenti non erano in aula per una gita scolastica. Tra loro, la figlia di un operaio bosniaco che vive nello stesso sobborgo. La ragazza si è salvata per una casualità del calendario. Intanto i media austriaci e tedeschi diffondono le prime immagini del killer: in una foto posa con un gatto in braccio, in un’altra appare accanto all’edificio che avrebbe trasformato in un teatro di morte.

La comunità resta paralizzata dal dolore. Restano gli interrogativi su un’escalation che nessuno ha saputo fermare, sull’invisibilità sociale di un ragazzo che ha trasformato il proprio silenzio in un grido di sangue.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure