
Una nuova prospettiva si aggiunge al caso di Liliana Resinovich, la donna trovata morta a Trieste il 5 gennaio 2022 in circostanze ancora avvolte nel mistero. Durante l’ultima puntata del programma Lombardia Nera su Telelombardia, è intervenuta Gabriella Marano, consulente e dottoressa che supporta Sergio Resinovich, fratello della vittima. La sua intervista ha riportato l’attenzione su un possibile punto di svolta legato alla tragica vicenda di Liliana.
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Un delitto di prossimità?
Secondo Marano, Liliana sarebbe stata intercettata subito dopo piazza Gioberti mentre camminava lungo via San Cimino, diretta verso la sede della Wind in via Battisti, dove avrebbe dovuto incontrare Claudio Sterpin. “Noi da sempre sosteniamo che Liliana sia stata fermata lì, e probabilmente è salita sull’auto di qualcuno che conosceva molto bene”, ha dichiarato Marano, suggerendo un possibile “delitto di prossimità“. Questa ipotesi trova oggi riscontro nelle valutazioni della procura, che non esclude il coinvolgimento del marito, Sebastiano Visintin.

Indagini ancora in corso
Nonostante le nuove ipotesi, i dettagli sull’aggressione restano sfumati. “Non sappiamo dove sia avvenuta l’aggressione – ammette la consulente – potrebbe essere iniziata in macchina e finita altrove”. Questa incertezza si riflette anche sull’analisi del materiale trovato sotto le scarpe di Liliana. Anche se inizialmente si pensava fosse collegato al laboratorio di coltelli di Visintin, Marano ha sottolineato che il materiale vegetale rinvenuto è compatibile con molte aree di Trieste e dell’intero Friuli Venezia Giulia. “Non è possibile datarlo”, ha affermato, evidenziando l’assenza di prove definitive.

Un enigma complesso
Le indagini si complicano ulteriormente con la possibilità che più persone siano coinvolte in alcune fasi dell’accaduto. “Noi riteniamo che l’aggressione sia avvenuta ad opera di una sola persona”, ha detto Marano, suggerendo però che l’autore possa aver ricevuto assistenza. Sebbene non siano state fatte accuse dirette, la consulente ha sollevato dubbi sul comportamento del marito di Liliana: “Sempre che sia stato lui ad ucciderla – specifica – è cruciale chiarire la sua posizione e certi atteggiamenti sospetti”.

In conclusione, Marano ha ribadito un principio fondamentale: “Indagato non vuol dire colpevole”. Ha esortato a mantenere una mente aperta su tutte le possibilità. “Se Sebastiano fosse innocente, potrebbe esserci un’altra persona? Certo. Le indagini servono proprio a questo”, ha concluso. Con la procura che sembra aver dato una nuova direzione all’inchiesta, l’attesa è per un passo avanti che possa finalmente risolvere il mistero di Liliana Resinovich, uno dei casi più complessi degli ultimi anni.