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Garlasco, la nuova pista: “Lesioni e ferite da taglio sul volto di Chiara, forse due assassini”

Pubblicato: 12/06/2025 09:54
Garlasco ferite volto Chiara

Una svolta potenziale nel delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007, riapre interrogativi rimasti per anni in sospeso. La Procura di Pavia sta lavorando a una nuova ipotesi: Chiara Poggi potrebbe essere stata uccisa da due persone e con l’impiego di più armi. Un’ipotesi che emerge da una rilettura approfondita degli atti dell’inchiesta originaria, in particolare dell’autopsia effettuata dal medico legale Marco Ballardini, depositata il 5 novembre dello stesso anno.
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Al centro di questa ricostruzione c’è ora anche il nome di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, indagato con l’ipotesi di concorso in omicidio “con Alberto Stasi o con altri”.

Ferite diverse, forse provocate da più oggetti

L’attenzione degli inquirenti si concentra su un dettaglio emerso già nel 2007 ma che oggi assume una nuova rilevanza: la varietà delle lesioni riscontrate sul corpo della vittima. Secondo l’autopsia, Chiara presentava ferite da taglio, ecchimosi da impatto, e lesioni compatibili con pugni, in particolare nella zona periorbitale. Ballardini già allora ipotizzava l’uso di più strumenti, o comunque l’utilizzo di un singolo oggetto in modalità diverse. Le palpebre superiori, per esempio, mostravano tagli superficiali riconducibili a un possibile oggetto con filo tagliente o punta acuminata.

L’arma del delitto non è mai stata ritrovata, ma secondo il referto “il corpo contundente impiegato non sembra ascrivibile a uno strumento usuale”. Viene descritto come dotato di stretta superficie battente, linearità nei margini e una possibile punta. Elementi che alimentano l’idea di un’aggressione complessa, verosimilmente condotta da più mani.

garlasco

Tracce, impronte e nuove analisi del Ris

Tra gli elementi ora riesaminati figura anche la cosiddetta “impronta 33”, ovvero una traccia di palmo destro non insanguinata, attribuita a Sempio. La difesa sostiene che si tratti di una presenza normale, legata alla sua frequente frequentazione della villetta in via Pascoli, ma la Procura non esclude che sia una traccia compatibile con la scena del crimine.

Per fare chiarezza, il Ris di Cagliari è stato incaricato di effettuare una nuova ricostruzione tridimensionale dell’appartamento, da confrontare con quelle precedenti elaborate nel 2007 dal Ris di Parma e successivamente nella perizia dell’Appello bis.

Gocce isolate e un possibile colpo finale in cantina

Altri dettagli rafforzano la nuova ipotesi investigativa. Gli esperti dei carabinieri avevano già evidenziato due anomalie. La prima riguarda tre gocce di sangue davanti al divano, definite “di non facile contestualizzazione”. Isolate rispetto alle altre macchie presenti nel soggiorno, potrebbero essere il risultato di un pugno sferrato al naso di Chiara nei primi istanti dell’aggressione, prima che lei cercasse di fuggire verso le altre stanze della casa.

La seconda anomalia riguarda il sangue ritrovato sulle scale della cantina, dove fu poi rinvenuto il corpo. In particolare, tra il terzo e il quarto gradino, sono state trovate tracce ematiche compatibili con un ulteriore colpo alla testa, inferto forse per assicurarsi la morte della ragazza. Una macchia di sangue isolata sulla parete, nella stessa zona, è attualmente oggetto di attenzione specifica.

I carabinieri del Ris entrano nella villetta della famiglia Poggi di Garlasco, Pavia, 9 giugno 2025. ANSA / FABRIZIO CASSINELLI

Uno scenario divergente dalla versione processuale

Questo quadro investigativo si discosta in modo significativo dalla ricostruzione che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi. L’ex fidanzato di Chiara sta scontando una condanna a 16 anni di reclusione e ha sempre sostenuto la propria innocenza. Ora, la Procura valuta concretamente l’ipotesi che non abbia agito da solo o che possa essere stata coinvolta un’altra persona, identificata in Andrea Sempio.

Se confermata, la ricostruzione proposta metterebbe in discussione l’impianto accusatorio su cui si è fondato il verdetto che ha condannato Stasi, e porterebbe la giustizia italiana a un inedito e delicato riesame di un caso che ha profondamente segnato l’opinione pubblica per oltre 15 anni.

L’esito delle nuove analisi, e l’eventuale riapertura del caso, potrebbero rappresentare una svolta decisiva, non solo per i familiari della vittima in cerca di verità, ma anche per il sistema giudiziario, chiamato a confrontarsi con l’evoluzione delle tecniche forensi e con l’importanza di rileggere i casi irrisolti alla luce di nuovi indizi.

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