
È bastato un nome per trasformare un’iniziativa scolastica in un caso politico. Il nome è quello di Giorgia Meloni, la prima donna a ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio in Italia. Il contesto è quello di una ristampa del volumetto Ragazze con i numeri, distribuito nelle scuole elementari con l’intento dichiarato di far conoscere agli alunni il ruolo delle donne nella storia. Accanto a figure del calibro di Tina Anselmi, Nilde Iotti, Frida Kahlo e Maria Montessori, compare ora anche quello della leader di Fratelli d’Italia. Ma la decisione, lungi dal passare inosservata, ha provocato tensione e proteste, soprattutto da parte del corpo docente.
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La denuncia dell’insegnante e le accuse di propaganda
L’episodio ha avuto luogo alla scuola primaria Manzoni di Limena, in provincia di Padova, dove l’assessora Eleonora Paccagnella, esponente di Fratelli d’Italia, ha distribuito il libro agli alunni. Secondo quanto emerso, l’insegnante di una delle classi coinvolte ha accusato la rappresentante istituzionale di aver sfruttato l’iniziativa per fare propaganda politica “a spese dei cittadini”, in modo particolarmente mirato verso una fascia d’età che dovrebbe restare estranea a dinamiche di parte.
La tensione è cresciuta ulteriormente dopo una proposta dell’assessora che, secondo l’insegnante, ha aggravato la situazione: inserire nella copertina della prossima edizione del volume una foto degli alunni con il volto coperto dall’immagine di una delle donne presenti nel libro. Una modalità pensata per tutelare l’identità dei minori, ma che si è trasformata in un potenziale boomerang mediatico. Molti bambini, infatti, avrebbero scelto la faccia di Giorgia Meloni, figura per loro più riconoscibile.

I bambini e la scelta della premier: la foto mai scattata
A quel punto, l’insegnante è intervenuta, parlando apertamente di “strumentalizzazione dei bambini” e segnalando il rischio di attribuire al contesto educativo un intento politico. Per evitare ulteriori scontri, la tanto discussa foto di gruppo non è stata scattata. La polemica, tuttavia, era ormai esplosa.
La docente si è rivolta direttamente al sindaco di Limena, Stefano Tonazzo, chiedendo le dimissioni dell’assessora Paccagnella, che nel frattempo ha negato con decisione qualsiasi finalità propagandistica: “Nel gesto non c’era alcuna intenzione politica”. Ma le spiegazioni non sono bastate a placare gli animi. La presenza di Giorgia Meloni tra le figure storiche – per quanto giustificata dal fatto che si tratti della prima donna presidente del Consiglio – ha sollevato dubbi su quale sia il confine tra attualità e storia, e su chi abbia il compito di definirlo.

Il confine tra rappresentanza e strumentalizzazione
Il caso ha aperto un dibattito più ampio sull’equilibrio tra educazione civica e neutralità politica nelle scuole. È legittimo inserire in un libro destinato alle elementari una figura contemporanea ancora attivamente coinvolta nel panorama politico? Oppure si tratta di una forzatura che rischia di condizionare gli studenti, anche solo simbolicamente?
Il titolo stesso dell’opera, Ragazze con i numeri, richiama una prospettiva di valorizzazione delle donne che hanno lasciato un segno nella società. Nomi come Tina Anselmi, prima donna ministro della Repubblica, Nilde Iotti, presidente della Camera, Frida Kahlo, artista simbolo dell’identità femminile, e Maria Montessori, rivoluzionaria della pedagogia, incarnano percorsi storici consolidati. Il nome di Giorgia Meloni, per quanto già significativo nella cronaca politica italiana, pone invece interrogativi sul tempismo e l’opportunità della sua inclusione in un elenco pensato per bambini delle scuole elementari.

Una polemica destinata a proseguire
La vicenda della scuola Manzoni di Limena dimostra quanto sia fragile il confine tra riconoscimento istituzionale e narrazione politica, soprattutto quando si tratta di educazione dei più piccoli. In questo caso, un’iniziativa nata con l’intento dichiarato di promuovere la cultura e l’emancipazione femminile si è trasformata in uno scontro tra ideologie.
La polemica non sembra destinata a spegnersi presto. Sul tavolo restano domande cruciali per chi si occupa di educazione e cultura: chi decide cosa è storia? Quando una figura pubblica diventa parte del patrimonio collettivo e non solo di uno schieramento? E, soprattutto, quali sono i limiti entro cui la scuola può e deve muoversi per restare spazio libero e plurale?