
Matteo Salvini non si arrende. A mezzogiorno, nella sede del partito, raduna i responsabili economici della Lega con un obiettivo preciso: rimettere al centro del dibattito politico la pace fiscale. Ma sa bene che non sarà una partita semplice. Il clima attorno alla prossima manovra finanziaria è già teso, e tra le pieghe delle trattative emerge una realtà: Giorgia Meloni ha scelto il suo cavallo, ed è il taglio dell’Irpef a favore del ceto medio.
La proposta della Lega per una nuova maxi-rottamazione delle cartelle è da mesi ferma in Senato, e i margini per farla ripartire si assottigliano. Ecco perché Salvini cambia strategia: “Va legata alla legge di bilancio”, chiarisce ai suoi. Solo così potrà vedere la luce nel 2026. L’obiettivo è approvarla in commissione entro l’estate, ma la condizione essenziale è che diventi un tassello della manovra.
Gli alleati frenano, Giorgetti media
Una scelta, quella della Lega, che viene ratificata nel giro di poche ore dal Consiglio federale del partito. Ma le difficoltà non mancano: mancano le coperture, e la platea dei contribuenti dovrà essere probabilmente ridimensionata. In parallelo, le altre forze della maggioranza tengono il punto.
Forza Italia e Fratelli d’Italia marcano il territorio: prima l’Irpef, poi tutto il resto. “Tutte le opzioni fiscali sono importanti”, dice il meloniano Marco Osnato, “ma vanno subordinate allo sforzo per il ceto medio”. Sulla stessa linea il forzista Raffaele Nevi, che elenca le priorità: “Prima la sugar tax, poi l’Irpef, solo poi la rottamazione”. Anche Maurizio Lupi (Noi Moderati) raffredda l’entusiasmo: “Un punto di Irpef vale quattro miliardi e ha effetti limitati”.

Il colpo più duro per Salvini, però, arriva da Palazzo Chigi. Meloni, in un videomessaggio all’assemblea di Confcommercio, ribadisce il concetto espresso 24 ore prima davanti ai commercialisti: “Proseguiremo nella riduzione della pressione fiscale, con un’attenzione particolare al ceto medio”. Neanche una parola sulla rottamazione. Un silenzio che pesa.
La Lega cerca il compromesso, ma resta il nodo risorse
Di fronte a un fronte compatto, Salvini sceglie una strategia soft. Nessuno scontro diretto con gli alleati, almeno non ufficialmente. E la nota del partito, diffusa mentre il federale è ancora in corso, lo conferma: “La pace fiscale non è alternativa, ma complementare alle altre proposte della maggioranza”.
A dargli sponda è Giancarlo Giorgetti, che mantiene una posizione più tecnica e interlocutoria. “I tempi ci sono”, afferma il ministro dell’Economia, “ora bisogna lavorare con i dati”. La partita è aperta, ma tutta da giocare. E si preannunciano tensioni nel centrodestra.
Nel frattempo, emergono le prime ipotesi di limatura: la rottamazione potrebbe riguardare solo debiti fino a 100 mila euro, con un impatto potenziale su 23 milioni di cartelle. Numeri importanti, che secondo la Lega superano l’efficacia del taglio Irpef, che porterebbe ai contribuenti solo “qualche decina di euro al mese”.
Le opposizioni attaccano: “Tagliate ai soliti”
Intanto, Giuseppe Conte affonda il colpo. “Avevamo proposto di aumentare la digital tax”, dichiara, “per recuperare almeno 4 miliardi utili a tagliare le tasse al ceto medio. Ma Meloni, Salvini e Tajani hanno detto no”. Un attacco frontale che apre un nuovo fronte, mentre la legge di bilancio si avvicina e le scelte fiscali rischiano di diventare il campo minato della coalizione di governo.