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Bankitalia lancia l’allarme: “I dazi di Trump ci costano troppo”, Pil in frenata per anni

Pubblicato: 13/06/2025 17:30

I dazi voluti dal presidente Donald Trump rischiano di deprimere per lungo tempo l’economia italiana. A lanciare l’allarme è Bankitalia, che nel suo ultimo rapporto prevede un rallentamento del Pil fino al 2027 proprio a causa delle nuove barriere commerciali.

E mentre gli analisti parlano di un danno certo, la premier Giorgia Meloni continua a difendere l’alleato americano: “È coraggioso, schietto, determinato, difende i suoi interessi nazionali“. Parole che servono anche a mantenere buoni rapporti diplomatici, sperando che il Presidente Usa renda meno dirompenti gli effetti della sua ricetta economica.

Crescita debole ed export a rischio

Nel dettaglio, l’istituto guidato da Fabio Panetta stima una crescita dell’economia italiana pari ad appena lo 0,6% nel 2025, dello 0,8% nel 2026 e dello 0,7% nel 2027. Numeri poco incoraggianti, zavorrati da dazi più alti e da una crescente incertezza globale che penalizza investimenti e vendite all’estero. Secondo Bankitalia, nel triennio 2025-2027 le misure protezionistiche di Trump sottrarranno 0,5 punti percentuali al Pil complessivo.

Un ulteriore irrigidimento delle politiche commerciali americane potrebbe costare ancora di più: fino a mezzo punto di crescita perso ogni anno, uno scenario definito “il più sfavorevole” dagli esperti di Via Nazionale.

Meloni tra l’imbarazzo e la fedeltà atlantica

Il quadro dipinto dagli economisti stride con le parole di Meloni, che anche ieri ha ribadito pieno sostegno a Trump, definendolo “un amico” e lodandone la determinazione. Una posizione che imbarazza, considerato che i settori più colpiti, dal manifatturiero all’agroalimentare, rappresentano una fetta importante delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti.

Nella sua Nota, Bankitalia segnala almeno un dato positivo: l’inflazione resterà bassa, intorno all’1,5% nel 2025-2026 e al 2% nel 2027. Nonostante questo, le esportazioni diminuiranno quest’anno e cresceranno solo timidamente in futuro, ostacolate dall’apprezzamento dell’euro e dalla perdita di competitività. Le importazioni, invece, terranno grazie alla domanda interna, ma non basteranno a compensare i contraccolpi esterni.

Insomma, mentre l’Europa valuta contromisure, l’Italia paga il prezzo di una fedeltà politica che, almeno sui conti, rischia di costare cara.

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