
Un velo di mistero continua ad avvolgere l’omicidio di Chiara Poggi, il delitto di Garlasco, con nuove e inquietanti suggestioni che emergono dal passato. L’attenzione si concentra ora sui post Facebook di Michele Bertani, amico d’infanzia di Andrea Sempio, l’unico indagato nella riaperta inchiesta della procura di Pavia.
Bertani, tragicamente scomparso suicida nel 2016, potrebbe aver lasciato dietro di sé messaggi “in codice” celati tra le righe dei suoi scritti online, una sorta di testamento enigmatico che, a distanza di anni, potrebbe gettare nuova luce su uno dei casi più controversi della cronaca italiana.

I messaggi nascosti di Michele Bertani
La pagina Facebook di Michele Bertani, rimasta pubblica e accessibile a tutti per nove anni, è diventata un potenziale scrigno di indizi per gli inquirenti. Non necessitando di acquisizioni formali, questi “misteriosi post” sono liberamente consultabili, offrendo un’opportunità unica per ricostruire la rete di amicizie e, forse, i segreti di Andrea Sempio.
Tra i vari post, uno in particolare ha catturato l’attenzione. Datato 19 gennaio 2016, poco più di un mese dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi, Bertani scriveva, citando i Club Dogo: “La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà“. Bertani, che su Facebook era registrato con il nome “Mem He Shin” (espressione che nella mistica ebraica richiama il quinto nome di Dio), sembrava quasi voler guidare a una chiave di lettura più profonda.
È stato il giornalista Luigi Grimaldi, prima su X e poi ripreso da “Il Tempo” e dal settimanale “Gente”, a svelare una possibile interpretazione cabalistica di questo messaggio. Eliminando le lettere maiuscole, le minuscole rimanenti – “a eria’ ta elle oe he euno sa” – trasmutate nell’alfabeto ebraico, formerebbero la frase che, tradotta in italiano, suonerebbe come “C’era una ragazza lì che sapeva“. Una rivelazione agghiacciante, che se confermata, suggerirebbe una conoscenza pregressa di dettagli cruciali legati all’omicidio.
Messaggio in codice?
Non è un caso isolato. Bertani, come molti giovani dell’epoca, utilizzava spesso l’alternanza di maiuscole e minuscole nei suoi scritti. Il giorno precedente, il 18 gennaio 2016, aveva pubblicato: “?..in tHe CanTinE work in progress…”. La domanda, a nove anni dalla sua morte, rimane aperta: si trattava di un intento deliberato di nascondere messaggi, o semplicemente di una moda stilistica tipica degli anni in cui Bertani era attivo sui social?
Collegare queste frasi all’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto diciotto anni fa (e oltre otto nel gennaio 2016, periodo dei post), rimane suggestivo e al momento non supportato da prove concrete che coinvolgano direttamente Bertani nel delitto. Il ragazzo non è mai stato indagato e non è mai stato collegato in alcun modo all’omicidio.

Il legame tra Bertani e Sempio
L’unico legame tangibile tra Michele Bertani e il giallo di Garlasco emerge da un’intercettazione ambientale risalente al 2017. In questa conversazione, Andrea Sempio, allora come oggi indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, si rivolge al suo amico defunto quasi un anno prima, con parole intrise di tormento: “Perché ti impicchi? Adesso che ti sei impiccato che cosa hai ottenuto? Sei morto, sei morto”. Tre giorni prima, sempre parlando di Bertani e intercettato in auto, Sempio aveva pronunciato un’altra frase significativa: “Da 0 a 18 anni tutte le c… le abbiamo fatte assieme, tutte le cose le abbiamo fatte assieme”.
Queste intercettazioni svelano un legame profondo tra i due amici, un legame fatto di esperienze condivise, forse anche di segreti. La morte di Bertani, e le parole di Sempio, acquistano un peso diverso alla luce dei messaggi “in codice” e della riapertura dell’inchiesta. Gli inquirenti dovranno ora determinare se le frasi di Bertani fossero semplici citazioni o un tentativo disperato di lasciare un indizio, un grido silente dalla tomba, in un caso che continua a sfuggire a una soluzione definitiva.