
L’inchiesta sull’omicidio di Denisa Maria Adas, ritrovata senza vita a Montecatini, si complica di giorno in giorno. Gli inquirenti, alla luce dei più recenti accertamenti, sono ormai convinti che Vasile Frumuzache, la guardia giurata romena che ha confessato di aver ucciso Denisa e un’altra escort, Ana Maria Andrei, non abbia agito da solo. La pista investigativa si allarga e prende corpo l’ipotesi che Frumuzache sia stato un sicario al soldo della mala delle escort. A suffragare questa teoria sono gli ultimi ritrovamenti, effettuati durante i sopralluoghi tra il casolare in cui sono stati scoperti i corpi delle donne e il giardino della casa a Monsummano Terme dove l’uomo vive con la famiglia.
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La svolta del sopralluogo: vertebra, capelli e slip
Un primo elemento inquietante è emerso durante l’uso dei cani molecolari, che hanno individuato una vertebra umana nei pressi dell’abitazione del vigilante. Poco distante, gli inquirenti hanno rinvenuto una ciocca di capelli tagliata di netto e degli slip colorati. Tutti questi reperti sono stati sequestrati e sono attualmente sottoposti ad analisi forense per accertarne l’origine. Si tratta di materiali che, se confermati come appartenenti alle vittime, sposterebbero la scena del crimine proprio nell’area di Montecatini, smentendo la ricostruzione fornita da Frumuzache.
A rafforzare i sospetti, anche il ritrovamento, nei giorni precedenti, di quattro coltelli bruciati tra i rovi nelle vicinanze della casa del romeno, insieme a quattro telefoni cellulari. La quantità e la natura degli oggetti rinvenuti fanno pensare a un sistema articolato, e non al gesto isolato di un singolo individuo.

Una confessione piena di lacune
Le dichiarazioni rese da Frumuzache durante l’interrogatorio appaiono sempre più deboli e piene di contraddizioni. L’uomo ha sostenuto di aver soffocato Denisa nel residence di Prato e di averla poi decapitata nella stessa stanza. Tuttavia, gli accertamenti scientifici hanno rilevato l’assenza totale di sangue nell’ambiente descritto, rendendo inverosimile quella versione. La vertebra ritrovata potrebbe dunque appartenere alla vittima e dimostrare che la decapitazione è avvenuta in un luogo diverso, probabilmente proprio nel casolare dove è stato scoperto il cadavere.
Questi elementi spingono gli inquirenti a ipotizzare che Frumuzache non solo non abbia agito da solo, ma che sia stato strumento di una rete criminale organizzata, specializzata nel controllo della prostituzione.
Il legame con la criminalità e le prime denunce
L’idea che dietro il duplice omicidio si nasconda una banda di sfruttatori viene rafforzata da indizi emersi già nelle fasi iniziali dell’indagine. Un’amica di Denisa aveva riferito di un avvocato calabrese, ora indagato per concorso in sequestro di persona, che avrebbe fatto da mediatore tra la madre della ragazza e un gruppo di connazionali romeni accusati di tenere sotto controllo la giovane. L’uomo, secondo la ricostruzione, avrebbe promesso di liberare Denisa dalla rete che la vincolava.
E poi ci sono le parole inquietanti della madre, che ha raccontato come, la sera dell’omicidio, Denisa fosse stata seguita da due uomini fino all’ingresso del residence. Un dettaglio che fa pensare a una sorveglianza attiva, forse come punizione o minaccia nei confronti di una giovane intenzionata a uscire dal giro.
Infine, rimane scolpita nella memoria quella frase pronunciata al telefono da Denisa poco prima di sparire: “Se mi trova, mi ammazza”. Un messaggio che, a posteriori, appare come una richiesta di aiuto rimasta inascoltata, e che oggi torna al centro dell’inchiesta.

Una rete organizzata e spietata
Le indagini si stanno concentrando non solo sull’operato di Vasile Frumuzache, ma anche sul suo presunto ruolo di esecutore all’interno di una rete ben strutturata. L’ipotesi è che la mala delle escort si serva di uomini fidati per punire chi tenta di sottrarsi al controllo o rompere le regole del racket.
Frumuzache, presentatosi come un uomo normale, con una vita di famiglia apparentemente stabile, potrebbe dunque aver vissuto una doppia vita: da una parte il lavoro ufficiale da vigilante, dall’altra il ruolo di sicario al servizio di una criminalità sommersa e spietata.
I nuovi indizi, se confermati, apriranno un fronte investigativo molto più ampio, e potrebbero portare alla luce un sistema di violenza e sfruttamento che si nasconde dietro la facciata della prostituzione indipendente, coinvolgendo intermediari, complici e protettori.
La verità, come spesso accade in questi casi, si cela nei dettagli. E proprio quei dettagli minimi ma rivelatori, oggi oggetto di analisi scientifica, potrebbero far crollare il muro di silenzio che protegge chi, forse da anni, uccide nell’ombra.