
È arrivata la condanna in primo grado per il celebre vicedirettore italiano, riconosciuto colpevole di stalking e lesioni aggravate nei confronti della sua ex compagna. Il giornalista è stato condannato a dieci mesi di reclusione, pena sospesa a condizione che versi 6.000 euro di risarcimento alla vittima e segua un percorso di recupero per uomini maltrattanti con frequenza bisettimanale.
I fatti risalgono all’agosto 2021, quando – secondo la ricostruzione dell’accusa – il vicedirettore avrebbe aggredito fisicamente la donna durante un litigio, sbattendola contro il muro, percuotendole le braccia e colpendola con calci. Dopo l’episodio avrebbe continuato a cercare un contatto, arrivando a minacciarla e ad attuare appostamenti sotto casa e telefonate ripetute.
In aula, lui ha ammesso solo uno schiaffo: «Il mio errore più grande, le chiederei scusa. Ma è l’unico episodio violento, il resto è tutto falso». Ha inoltre affermato che le liti derivavano dal suo desiderio di consolidare la relazione e da una frequentazione parallela con un’altra donna.

Ci sarebbero dei precedenti: le altre accuse
Ma Enrico Varriale non è nuovo a questo tipo di accuse. È attualmente imputato anche in un secondo processo avviato dopo una denuncia di un’altra donna, anch’essa sua ex compagna, che lo accusa di minacce e violenza.
«Questo processo – ha commentato l’avvocata Teresa Manente, di Differenza Donna – dimostra quanto sia urgente contrastare la cultura che normalizza la violenza maschile. La mia assistita ha dovuto difendersi due volte: dall’aggressore e da una narrazione che spesso mette in dubbio la parola delle donne. Oggi il tribunale ha scelto di ascoltare».
La sentenza, che riconosce la gravità delle condotte e apre a percorsi rieducativi per l’imputato, invia un messaggio inequivocabile: chi perseguita e aggredisce una donna ne risponde davanti alla giustizia.
Il racconto dell’ex compagna
In una passata intervista rilasciata a Repubblica, l’ex compagna di Varriale raccontò le violenze subite: “Mi tornava in mente la sua mano sul mio collo, il suo pollice sul lato della mia gola, la sensazione di essere strozzata“. La donna decise di troncare ogni tipo di rapporto con l’uomo, ma trascorsero due mesi tra la denuncia e il divieto di avvicinamento: “Lui continuava a cercarmi, ricevevo messaggi, mi citofonava, ha affittato un film con la mia carta di credito. Ogni giorno era una tortura“.
L’ansia di ritrovarselo sotto casa ad ogni ora del giorno e della notte non le ha fatto chiudere occhio per mesi e addirittura le ha fatto perdere 5 chili. In quei mesi la donna avrebbe ricevuto centinaia di chiamate e messaggi da parte di Varriale senza sentirsi mai protetta: “Mi era stata assicurata protezione, ma ero sola, con il rischio di cedere alle richieste di incontro. Ho ricominciato a dormire solo due giorni dopo il provvedimento“.