
Il volto insanguinato, la bambina in braccio, la donna che cerca di tamponargli la ferita con un fazzoletto imbevuto d’acqua. È una delle prime immagini raccolte dagli investigatori per ricostruire il percorso di Rexal Ford, 46 anni, californiano, arrestato per l’omicidio della bambina trovata morta a Villa Pamphili. Accanto a lei, il corpo occultato di una donna, forse sua madre. Nessuno dei due ha un’identità certa. Nessuno dei due è stato reclamato.
L’uomo si muoveva da settimane per le strade di Roma, apparendo e scomparendo, costruendo di volta in volta versioni diverse di sé stesso. Un turista, un padre, un marito. Ma ogni elemento che ha lasciato dietro di sé – nomi falsi, passaporti dubbi, schede telefoniche sostituite – compone oggi un mosaico sempre più oscuro.
Una lite in centro e una falsa dichiarazione
La sera del 20 maggio, a Campo de’ Fiori, interviene una volante per una lite accesa tra un uomo e una donna. Lui è ubriaco, ha una ferita alla testa, ma parla italiano e mostra un passaporto. Dice che la donna è sua moglie e che la bambina è sua figlia. Il documento di lei non viene controllato, il caso si chiude lì. Ma una poliziotta, forse per istinto, lo fotografa col cellulare. Quel gesto sarà decisivo.
Anche un ristoratore scatta una foto e la invia a “Chi l’ha visto”. Sono i primi tasselli di un’indagine che si rivelerà ben più complessa. Rexal Ford non è un turista qualunque. È un uomo con un passato ignoto, abituato a vivere ai margini e a camuffare la propria identità. Dalla carta di credito emergono spostamenti in tutta Europa.
Tre episodi, poi la scomparsa
Dieci giorni dopo, il 30 maggio, lo stesso copione: una lite al mercato di via San Silverio, dietro San Pietro. La polizia interviene, ma Ford riesce di nuovo a cavarsela. Il 3 giugno la donna è ancora viva, secondo una testimonianza. Ma il 5 giugno lui riappare da solo con la bambina in un hotel in largo Argentina. Tenta di salire ai piani senza registrarsi. È ancora quella stessa agente a riconoscerlo.
Ford dice che “la moglie è partita”. Una frase che oggi pesa. Perché da quel momento, di lei non si sa più nulla. L’autopsia colloca la morte della donna proprio in quei giorni. Ed è su questo lasso di tempo che si concentrano ora le indagini della Squadra mobile e dello Sco, coordinate dai pm Antonio Verdi e Francesco Cascini.
Il nome rubato e le tracce digitali
In un primo momento, Ford dichiara di essere un regista. Un altro inganno: negli Stati Uniti esiste davvero un professionista con lo stesso nome, ma non ha nulla a che vedere con lui. Intanto si moltiplicano le testimonianze. Una donna e tre ragazzi raccontano di aver visto Ford la notte tra il 6 e il 7 giugno con una bambina in braccio, in modo “scomposto”, nei pressi di via Leone XIII.
Una giardiniera dice di aver visto quella stessa figura aggirarsi nell’erba alta. Un uomo lo fotografa il 10 giugno tra Campo de’ Fiori e Largo Argentina: “Si muoveva in modo strano, sospetto”, spiega. Il cerchio si stringe, le celle telefoniche e i pagamenti con carta tracciano una rotta: l’11 giugno Ford si imbarca su un volo Ryanair per l’isola greca di Skiathos.
Una fuga da film, ma troppe incongruenze
Con un trolley e uno zaino, vestito da turista, acquista ciabatte e una canottiera. Ma la polizia lo intercetta grazie al tracciamento dei movimenti bancari e delle sim internazionali cambiate con frequenza. Nulla, però, spiega come Rexal Ford riuscisse a spostarsi in Europa per due anni senza mai risultare registrato come ospite in un hotel o in un sistema turistico nazionale.
Le autorità greche lo fermano e lui chiede di essere estradato negli Stati Uniti tramite l’ambasciata. Ma a oggi restano troppe domande: da dove provenivano le sue risorse economiche? E soprattutto: chi erano veramente la donna e la bambina?
Un’immagine che resta
La donna appare in una foto raccolta dagli inquirenti: curata, bionda, ben vestita. Una figura discreta, forse succube, che accudisce quell’uomo ferito nonostante le continue violenze. La bambina indossa un vestitino rosa, ritrovato più tardi in un cestino: è l’unico frammento rimasto di un’infanzia mai davvero vissuta. La loro identità resta sospesa, nel vuoto.
Come il destino di un uomo che ha fatto della fuga la sua unica forma di esistenza.