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Bruciata viva per gelosia, Elisa morta così: nessuna pietà, ora la decisione sul compagno

Pubblicato: 16/06/2025 21:45

La notizia ha riportato alla luce l’ennesimo caso di violenza che si consuma tra le mura domestiche, in un contesto che troppo spesso resta invisibile fino alla tragedia. Una storia che scuote e interroga, perché ancora una volta a farne le spese è stata una donna, vittima di un’escalation che non ha trovato freni né protezioni sufficienti.

Quel che si è verificato nell’estate del 2023 ha segnato profondamente una comunità intera, costringendo molti a guardare in faccia una realtà fatta di silenzi, minacce e paure inascoltate. Oggi, a distanza di mesi, è arrivata una sentenza che pone un punto fermo nella vicenda, ma che non cancella il dolore e le ferite lasciate da quella violenza.

Ergastolo per un delitto atroce

La Corte d’Assise ha condannato all’ergastolo un uomo di 54 anni, ritenuto colpevole dell’omicidio della sua compagna, un gesto estremo compiuto con crudeltà. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbe cosparso la donna di benzina e le avrebbe dato fuoco, provocandole ustioni gravissime. La vittima, dopo tre giorni di agonia, non è sopravvissuta.

Il movente, secondo le indagini, è riconducibile a una gelosia ossessiva e infondata, alimentata da un clima di controllo e minacce che, secondo le testimonianze, durava da tempo. Numerosi episodi di maltrattamento erano stati segnalati da amici e conoscenti, ma mai formalizzati in una denuncia.

La comunità parte civile

Nel processo si sono costituite parte civile non solo la famiglia della donna, ma anche il Comune del territorio, che ha voluto prendere posizione chiara contro la violenza sulle donne. Gli avvocati che hanno rappresentato i figli e la madre della vittima hanno sottolineato il valore simbolico della sentenza, ma anche la necessità di maggiore prevenzione.

Durante il dibattimento è emerso come la donna fosse rimasta intrappolata in una spirale di paura e isolamento, elementi che spesso impediscono alle vittime di chiedere aiuto. L’avvocato difensore dell’imputato ha annunciato ricorso, ma per il pubblico ministero le prove raccolte hanno dimostrato senza dubbi la responsabilità dell’uomo.

Un segno indelebile

Il caso ha lasciato un segno profondo nella coscienza collettiva, diventando emblema della violenza sommersa che ancora troppe donne subiscono in silenzio. La sentenza rappresenta un passo di giustizia, ma resta il monito di una tragedia che si sarebbe potuta, forse, evitare.

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