L’emblema della brutalità in carcere

Nelle austere pareti del carcere fiorentino, l’interrogatorio di ieri mattina del detenuto Guma Ionut Cristi ha squarciato la scena di un sistema carcerario già al centro di scottanti critiche.
Qui, tra un bricco di latte e l’odore acre dell’olio bollente, Cristi ha denunciato le parole agghiaccianti di Vasile Frumuzache, l’assassino delle escort Maria Denisa Paun e Ana Maria Andrei.

La confessione di Guma Ionut Cristi
“Che ca**o me ne frega a me, ce ne sono altre da trovare”, avrebbe detto l’assassino delle escort. Un’affermazione che ha interrotto ogni pietà e ha aperto una voragine sul possibile esito di altre tragedie. Vasile non avrebbe solo accettato i due omicidi già confessati, ma avrebbe fatto intendere che il suo “lavoro” era tutt’altro che concluso.
Durante l’interrogatorio condotto dal pubblico ministero, il difensore di Cristi – l’avvocato Katia Giachino – ha ricostruito la scena con meticolosa precisione . Il detenuto afferma di aver avvicinato Vasile domandandogli: “Ma ti rendi conto? Ne hai ammazzate due, ti rendi conto di cosa hai fatto? Una era mia cugina”.
In risposta, Frumuzache avrebbe ribadito spavaldo la sua insensibilità, deridendo l’affermazione di Cristi con parole che hanno urtato la già incrinata lascia della compassione. È stato allora che Cristi ha ceduto all’ira: ha preparato una miscela di olio bollente e zucchero – una sorta di “caramello infernale” – e ha gettato il tutto sul volto di Vasile, lasciandolo sfigurato. Questo atto di vendetta si è consumato davanti a un terzo detenuto, anch’egli romeno ed effettivo testimone dell’orrore .

Omicidi seriali o predicati? L’ombra delle “altre vittime”
Le parole di Vasile – riferite da Cristi – lasciano spazio a una possibilità agghiacciante: il killer delle escort avrebbe altre vittime sconosciute. Se confermato, questo significherebbe che l’Italia potrebbe non avere ancora ricostruito l’intera mappa delle sue maledizioni omicide. Non bastano la confessione e le indagini note: bisognerà scavare nel silenzio e nei tempi del carcere, dove è più facile nascondere una cronologia di crimini ancora sommersi.
Il clamore mediatico è già innalzato. Adnkronos e altri organi di stampa hanno acceso i riflettori su un interrogativo che fa tremare: quanti crimini, quante vite cancellate, restano ancora nell’ombra? C’è chi reclama giustizia completa non solo dalle istituzioni penitenziarie, ma anche dalle procure, chiamate a scavare con urgenza. In un momento in cui il carcere dovrebbe essere luogo di detenzione e rieducazione, emergono realtà di vendetta e brutalità che riaprono questioni storiche e drammatiche sul ruolo delle strutture detentive in Italia.