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Guerra Israele-Iran, il dramma di una famiglia italiana: “Viviamo nascosti, abbiamo paura”

Pubblicato: 16/06/2025 12:35

NAHARIYA (ISRAELE) – «Siamo in una safe room, è appena suonata la sirena». È questo il messaggio che Giannalberto De Filippis ha inviato via WhatsApp a una giornalista del Resto del Carlino, mentre si trovava chiuso in un rifugio antiaereo insieme ai figli adolescenti, Liam e Luna. La famiglia, originaria di Bologna, è bloccata nel nord di Israele, a Nahariya, a circa un’ora e mezza da Tel Aviv, nel pieno dell’escalation militare in corso.

De Filippis era partito il 30 maggio per un breve soggiorno familiare, in occasione del matrimonio di una cugina. Con lui solo i due figli: la moglie Michal, cittadina israeliana, si trovava in Germania per lavoro e avrebbe dovuto raggiungerli successivamente. Ma l’attacco all’Iran e le successive risposte militari hanno stravolto ogni piano. «Lo spazio aereo è stato chiuso, mia moglie non può arrivare, noi non possiamo tornare», racconta.

Il rientro in Italia era previsto per il 24 giugno, ma al momento non c’è certezza su quando e come potranno ripartire. «Altri Paesi stanno organizzando voli per rimpatriare i propri cittadini – sottolinea – ma dall’ambasciata italiana non abbiamo ricevuto nulla, se non l’invito a seguire le indicazioni di sicurezza. Noi siamo pronti a partire in qualsiasi momento: serve solo sapere come».

La notte del primo bombardamento la famiglia si trovava a Chorazim, vicino al lago di Galilea. «Nell’appartamento in affitto non c’era alcun rifugio, così abbiamo corso verso quello pubblico del quartiere. I miei figli erano sotto shock, non capivano cosa stesse accadendo». Il giorno dopo, per motivi di sicurezza, si sono trasferiti a Maalot, frazione di Nahariya, ospiti di alcuni parenti.

Qui, finalmente, hanno trovato una stanza protetta: due metri per due, con porta e finestra blindate. «Ieri pomeriggio ci siamo rifugiati qui durante il primo attacco diurno», spiega De Filippis. La paura non è solo per l’impatto diretto dei missili, ma anche per i frammenti dei razzi intercettati: «Molti feriti non sono colpiti dagli ordigni, ma dai detriti che cadono dopo l’intercettazione».

De Filippis conosce bene il Paese. Ha vissuto in Israele per sei anni, dove è nato il suo primo figlio. Dopo il trasferimento in Italia, a Loiano, nel Bolognese, la famiglia ha continuato a fare visita ai parenti israeliani. «Venivamo spesso, almeno fino a due anni fa. Dopo il 7 ottobre pensavamo che le tensioni si fossero ridotte. Ma ora siamo di nuovo nel cuore del conflitto».

Nel frattempo, la situazione nella regione resta ad alta tensione. L’IDF, l’esercito israeliano, ha smantellato postazioni di missili terra-aria in Iran, mentre si registrano esplosioni nei pressi del sito nucleare di Fordow. Allarmi per droni sono stati segnalati anche vicino alla residenza di Netanyahu.

In un contesto sempre più instabile, i cittadini italiani bloccati in Israele, come la famiglia De Filippis, aspettano risposte. «Serve un piano di evacuazione – dice il padre –. Abbiamo solo bisogno che ci dicano quando e dove andare. Finché restiamo, ogni sirena potrebbe significare un altro giorno passato in un rifugio di due metri per due».

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Ultimo Aggiornamento: 16/06/2025 12:36

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