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Israele, Iran e l’atomica: storia di un equilibrio instabile

Pubblicato: 16/06/2025 14:42

Pochi dossier sono più incandescenti di quello che lega Israele, l’Iran e la bomba atomica. In una bella analisi, Lorenzo Cremonesi ne ha ripercorso i tratti salienti. Tutto inizia con David Ben Gurion, padre fondatore dello Stato ebraico, che mise in moto un programma segreto destinato a rimanere, ancora oggi, coperto da censure. Soltanto l’amministrazione Nixon accettò obtorto collo il fatto compiuto: Israele possedeva l’arma nucleare.

Nel 1967, nei silos di Dimona sarebbero stati pronti al lancio una decina di missili a testata nucleare. Si racconta che durante la Guerra dei Sei Giorni, Gerusalemme valutò persino di farne esplodere una nel Sinai per fermare l’avanzata egiziana. Sei anni dopo, durante la Guerra del Kippur, Golda Meir ordinò nel panico l’apertura dei silos. Gli americani, di fronte a un tale rischio, misero in piedi un ponte aereo per fornire a Israele armi convenzionali e respingere egiziani e siriani.

Lo Scià, Khomeini e il sogno nucleare iraniano

L’Iran dello Scià Reza Pahlavi partì tardi rispetto a Israele, ma lo fece alla luce del sole e con l’appoggio di Washington: dal progetto “Atoms for Peace” fino a venti centrali previste per energia civile. All’epoca Teheran e Gerusalemme stavano dalla stessa parte contro il blocco arabo.

Poi venne il 1979: la rivoluzione Khomeinista, la presa di ostaggi americani a Teheran, la predicazione antisionista. Da quel momento la possibilità di un’atomica islamica sciita terrorizzò Israele, gli Stati Uniti e le monarchie sunnite. L’Ayatollah Khamenei, successore di Khomeini, non ha mai nascosto l’obiettivo di “annullare Israele”. E intanto, il programma nucleare andava avanti, aiutato di nascosto da Pakistan e Corea del Nord.

Ambiguità, censure e trattati ignorati

Israele, nonostante sia una democrazia aperta, censura ogni informazione sulle proprie armi non convenzionali. Non ha mai aderito al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (Npt), a differenza dell’Iran che lo firmò, salvo poi ignorarlo dopo il 1979. La Iaea non ha mai ispezionato Dimona; le stime parlano di un arsenale tra 90 e 400 bombe, lanciabili da missili Jericho (portata stimata oltre 11.500 km), sottomarini o aviazione.

In Iran, gli ispettori Iaea furono sempre ostacolati. Già nel 2002 l’opposizione iraniana denunciò i siti segreti di Natanz. Nel 2003 Khamenei emise una fatwa che bandiva le armi atomiche come “anti-islamiche“, ma Stati Uniti e Israele dubitarono subito della sincerità del regime.

Dall’accordo di Obama al ritorno del confronto

L’accordo siglato nel 2015 sotto Barack Obama avrebbe dovuto limitare il programma iraniano, ma nel 2018 il Mossad rivelò l’esistenza di archivi segreti a Turquzabad: prove, dicevano gli israeliani, che Teheran mentiva. Donald Trump stracciò l’intesa e ripristinò le sanzioni, tra le critiche europee.

L’Iran reagì annunciando di voler riprendere l’arricchimento dell’uranio “senza limiti“. Da allora attacchi mirati del Mossad e misteriosi omicidi hanno colpito scienziati come Mohsen Fakhrizadeh, ucciso a Teheran nel 2020. Nell’ottobre 2023 la Iaea ha confermato riserve di uranio 22 volte superiori al 2015 e controlli sempre più difficili.

Le tensioni di oggi e la domanda senza risposta

Nonostante tutto, non esistono prove definitive che l’Iran stia davvero per costruire una bomba. “L’Iran stava veramente sviluppando l’atomica?” si chiede oggi il Financial Times, ricordando che Benjamin Netanyahu da anni denuncia la minaccia imminente.

Paradosso dei paradossi: fino all’attacco a sorpresa di Israele contro l’Iran di pochi giorni fa, Donald Trump stava tentando di negoziare un nuovo accordo simile a quello del 2015. Secondo molti analisti, Netanyahu ha voluto colpire ora proprio per impedirlo.

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Ultimo Aggiornamento: 16/06/2025 14:58

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