Vai al contenuto

Israele-Iran, Macron gela Trump: “Putin mediatore? Non è possibile”. Giorgia Meloni si schiera con la Ue

Pubblicato: 16/06/2025 08:42
Israele Iran Macron Trump

Un imbarazzo diplomatico dalle proporzioni globali si insinua tra i tavoli della diplomazia europea alla vigilia del G7 in Canada. A turbare gli equilibri già fragili è l’inattesa apertura di Donald Trump a una mediazione di Vladimir Putin nel conflitto tra Israele e Iran, un’ipotesi che le cancellerie continentali giudicano con freddezza, se non con repulsione. Il Cremlino — da tre anni impegnato nella guerra in Ucraina — come garante della pace in Medio Oriente appare una contraddizione inaccettabile. Eppure, è uno scenario che, almeno nella visione dell’ex presidente americano, sembra prendere corpo.
Leggi anche: Israele-Iran, l’allarme shock: “Sarà guerra nucleare”

La risposta europea è di gelo. Emmanuel Macron, in prima linea, ha già espresso la propria contrarietà: «Non penso che la Russia possa mediare», ha dichiarato, tornando a proporre nuove sanzioni contro Mosca. Una posizione che riflette il pensiero anche del governo italiano. Giorgia Meloni, secondo quanto trapela da Palazzo Chigi, non intende considerare questa opzione, e la definisce implicitamente un rischio da scongiurare.

Meloni e l’equilibrismo tra alleanze

L’approccio della premier italiana è prudente, ma determinato: «Del tema non si è ancora parlato. La crisi in Medio Oriente sarà al centro dei lavori di domani. Vedremo le indicazioni dagli Usa e se Trump rilancerà questa proposta». Il messaggio è chiaro: l’Italia non vuole alimentare la legittimazione internazionale di Putin, né allontanarsi dal blocco atlantico, ma neanche aprire un fronte di rottura con gli Stati Uniti, considerati fondamentali per la sicurezza continentale.

In questo quadro, Meloni arriva al vertice di Kananaskis accompagnata dalla delegazione italiana e dalla figlia Ginevra, con un’agenda fitta di bilaterali: Friedrich Merz, Keir Starmer, l’emiro del Qatar, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. E poi, i possibili colloqui con Trump, Macron, Ursula von der Leyen, il premier canadese Mark Carney e forse con lo stesso Volodymyr Zelensky.

Ma è soprattutto nella cena geopolitica prevista già per la sera del loro arrivo che si concentreranno le prime tensioni. Le bombe che cadono tra Teheran e Tel Aviv rimbombano anche tra le montagne canadesi.

La linea italiana: de-escalation e negoziato

La linea italiana si articola in due punti fondamentali: ripresa del negoziato e de-escalation del conflitto. Ma resta l’incognita più grande: Trump. Il tycoon sostiene davvero una cessazione immediata delle ostilità? Oppure mira a utilizzare il conflitto come leva per uno scambio politico: sacrificare il fronte ucraino in cambio di un’intesa sul nucleare iraniano?

Sono le domande che tormentano le cancellerie europee. Dietro l’apparente disponibilità americana si cela forse un drammatico isolamento di Zelensky, sempre più lasciato a fronteggiare da solo l’aggressione russa. L’Unione Europea, nella sua interezza, giudica indigeribile questo schema: l’aggressore che diventa mediatore.

Coordinamento europeo, ma nessuna rottura con Washington

Meloni non crede nella realizzabilità di una simile mediazione, né la considera credibile. Ma allo stesso tempo, sa bene che bisogna prepararsi a ogni scenario. La premier intende dunque lavorare a una posizione comune con gli altri leader europei, pur senza rompere il fronte occidentale. «Nessun disallineamento», insistono le fonti italiane: prima un accordo tra Paesi Ue, poi un dialogo con gli americani.

È un gioco diplomatico sottile, fatto di mosse calcolate e risposte calibrate. L’Italia, legata agli Usa anche dalla presenza delle basi militari sul proprio territorio, non può permettersi scosse improvvise. Ma è proprio l’imprevedibilità dell’ex presidente statunitense a gettare nell’incertezza l’intero summit. Ogni tweet, ogni post, ogni dichiarazione può ribaltare il tavolo, cambiare gli equilibri, rimettere in discussione le alleanze.

Lo spettro dei dazi e la fragilità dell’intesa

In questo clima, anche il tema dei dazi commerciali torna a fare capolino, sullo sfondo ma pronto a irrompere nel dibattito. Gli europei sono pronti a discuterne, e potrebbe essere inserito nell’agenda del vertice, ma molto dipenderà dal corso degli eventi, dai colloqui in corso e — ancora una volta — dall’umore di Trump.

L’impressione, tra gli sherpa e gli analisti, è che nulla sia più stabile, che ogni certezza possa svanire in un attimo. Ed è in questo contesto che si misura la difficoltà del ruolo europeo: restare compatti, non perdere il legame con Washington, difendere l’Ucraina e al tempo stesso contribuire a fermare l’escalation in Medio Oriente.

Una prova di equilibrio per Giorgia Meloni, ma anche per l’intera Unione Europea, sempre più chiamata a giocare un ruolo autonomo, credibile e responsabile in uno scacchiere internazionale in continua mutazione.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure