
Una denuncia aspra e senza sconti, quella lanciata da Fabrizio Corona nell’ultima puntata del suo programma Falsissimo. L’ex re dei paparazzi attacca frontalmente la Rai, la trasmissione Belve e la conduttrice Francesca Fagnani, accusandoli di aver dato voce – e compenso – a Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Una vicenda che riaccende il dibattito sull’opportunità di dare spazio mediatico a chi è stato giudicato colpevole di crimini tanto efferati.
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L’accusa: «La Rai ha pagato Bossetti per fare ascolti»
«Lo paga! Sei un mostro tu che hai tolto la vita alla bambina, sei un mostro tu Rai, tu Belve e tu Franci», così Corona si scaglia contro il servizio pubblico, definendo «mostri» tutti coloro che avrebbero contribuito a dare visibilità televisiva a Bossetti. Secondo Corona, la decisione di mandare in onda l’intervista rilasciata a Belve Crime sarebbe motivata unicamente dallo share: «L’avete liberato allo scopo di fare ascolti», dice.

L’accusa più grave riguarda un presunto compenso in denaro che la Rai avrebbe corrisposto a Bossetti per ottenere l’intervista esclusiva: «La cosa peggiore non è aver mandato in onda l’intervista, ma averlo pagato». Una cifra specifica viene addirittura indicata: 140 mila euro, seppur con una precisazione che mira a rendere più credibile la fonte: «Diciamo che il carcere esagera sempre, forse non proprio 140 mila euro. Ma io sono certo che ha preso una grandissima cifra, sicuramente a quattro zeri».
Una fonte dal carcere e la replica immediata di Fagnani
Corona sostiene che a fornirgli questa informazione sia stata una fonte interna alla sicurezza del carcere di Bollate, dove Bossetti è detenuto. Una dichiarazione che, se confermata, solleverebbe questioni delicate non solo sul piano etico, ma anche su quello della trasparenza nei contratti del servizio pubblico.
La replica di Francesca Fagnani non si è fatta attendere. A una domanda diretta di un utente sul social X, che chiedeva conferma sull’avvenuto pagamento, la giornalista ha risposto in modo secco: «Non è assolutamente vero!». Una smentita netta, ma che non sembra placare il clamore suscitato dalle parole di Corona, che continua a cavalcare l’onda mediatica.
Polemiche social e indignazione pubblica
La denuncia di Corona ha avuto immediato riscontro sui social, dove in molti si sono divisi tra chi giudica inaccettabile anche solo la messa in onda di un’intervista a un condannato per omicidio, e chi invece difende il diritto del giornalismo di raccontare anche le voci scomode. Ma è soprattutto il presunto pagamento a Bossetti ad aver generato indignazione: la possibilità che soldi pubblici siano stati utilizzati per compensare un condannato all’ergastolo per la morte di una minorenne è vista da molti come un oltraggio alla memoria della vittima e al dolore dei suoi genitori.

Corona, nel suo consueto stile diretto e accusatorio, ha trasformato la questione in un attacco frontale: «Lo state facendo passare per una star di un programma pop», ha detto, accusando Belve e la Rai di aver «infangato il nome dei genitori della piccola».
Il caso Bossetti ancora sotto i riflettori
La figura di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio, continua a dividere l’opinione pubblica. Anche se la giustizia ha emesso il suo verdetto, l’interesse mediatico intorno al suo caso non si è mai del tutto spento. Questa nuova polemica, però, solleva interrogativi diversi: fino a che punto è lecito dare voce a chi è stato giudicato colpevole di reati gravissimi? E soprattutto, è eticamente accettabile farlo in un contesto di intrattenimento televisivo, ancor più se ci sono compensi coinvolti?
Domande senza risposta
Al di là delle smentite e delle accuse, il caso solleva un tema profondo: quale deve essere il confine tra informazione e spettacolo, tra diritto di cronaca e spettacolarizzazione del dolore? Fabrizio Corona, pur con il suo stile provocatorio, ha portato alla luce una riflessione che non può essere ignorata: quanto conta il rispetto per le vittime e quanto invece lo spettacolo continua ad avere la meglio? La questione resta aperta, e il dibattito – tra etica, giornalismo e televisione – è tutt’altro che concluso.