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Ilaria Salis rischia di tornare in carcere in Ungheria, l’appello a Giorgia Meloni: “Mi tuteli”

Pubblicato: 17/06/2025 11:41
Ilaria Salis carcere Meloni

Dopo l’elezione al Parlamento europeo, Ilaria Salis torna a far parlare di sé con un appello diretto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L’attivista italiana, detenuta per oltre un anno in Ungheria in condizioni definite disumane, chiede ora tutela istituzionale. E lo fa mentre pende su di lei una possibile revoca dell’immunità parlamentare appena acquisita, che potrebbe riportarla in carcere per l’accusa di aver partecipato a un pestaggio antifascista a Budapest.
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Il timore di un processo politico

Le parole di Salis, affidate a un’intervista a La Stampa, sono cariche di preoccupazione. «Rischio una condanna a 24 anni di carcere, come auspicato tanto dal premier Orbán quanto da molti rappresentanti del suo governo», ha dichiarato la neoeletta europarlamentare, aggiungendo che la magistratura ungherese non è autonoma e che non ci sarebbero «alcune garanzie» per un processo equo. Il timore di Salis è chiaro: finire di nuovo in un carcere ungherese senza che vi siano le condizioni minime di indipendenza della giustizia.

Il suo caso, sin dall’inizio, è stato fortemente polarizzato politicamente. Divenuta un simbolo per alcuni e una figura controversa per altri, Salis è oggi al centro di una questione che coinvolge direttamente anche il Parlamento europeo, chiamato a decidere sulla possibile decadenza dell’immunità che accompagna ogni mandato da eurodeputato.

Il Parlamento europeo e il nodo del Ppe

Tra le incertezze che circondano la vicenda, Salis individua anche il comportamento dei gruppi parlamentari europei, in particolare il Partito popolare europeo (Ppe). «Non sono sicura che prenderà una posizione unitaria», ha ammesso, esprimendo tuttavia la speranza che la coerenza con la storia politica del Ppe lo spinga a sostenerla. Per Salis, non si tratta di una questione di appartenenza ideologica, ma di difesa dei principi fondanti dell’Unione Europea e delle sue democrazie.

La tensione cresce a Bruxelles, dove i nuovi equilibri politici dovranno fare i conti con un caso che ha già avuto un forte impatto mediatico e diplomatico. Le pressioni provenienti da Budapest, così come le posizioni divergenti all’interno dello stesso Parlamento, rischiano di rendere la decisione ancora più delicata.

L’appello alla premier Meloni

A sorprendere è anche l’apertura di Salis verso Giorgia Meloni, leader di un governo di centrodestra spesso descritto come distante dalle battaglie dell’attivista. Eppure, in un passaggio dell’intervista, la europarlamentare eletta con Alleanza Verdi e Sinistra lancia un appello esplicito alla presidente del Consiglio: «Sarebbe bello e importante se parlasse in mio favore: sono pur sempre una cittadina italiana. Chiedo la tutela di un diritto, non di una posizione».

Una richiesta che rompe gli schemi, e che mette alla prova anche la capacità del governo italiano di tutelare i suoi cittadini al di là delle divergenze politiche. La tutela diplomatica, del resto, è un principio riconosciuto, e in questo caso viene invocato non per evitare un processo, ma per garantirne l’equità.

Un caso europeo, non solo italiano

La vicenda Salis si conferma quindi non solo un caso giudiziario, ma un nodo politico e simbolico che attraversa l’intero continente. Dal funzionamento della giustizia ungherese alle regole dell’immunità parlamentare, fino al ruolo delle istituzioni italiane, ogni tassello contribuisce a definire una sfida ai valori democratici europei.

In attesa che il Parlamento Ue si pronunci, resta sospesa la sorte di una cittadina che, pur eletta con il consenso popolare, potrebbe trovarsi nuovamente dietro le sbarre. E che oggi, con voce ferma, rivendica quello che secondo lei è un diritto, non un privilegio: quello a un processo giusto, a una giustizia non politicizzata, e alla tutela dello Stato che rappresenta.

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