
Un velo di orrore è calato su Racale, nel cuore del Salento, dove un tragico parricidio ha sconvolto la tranquillità di Via Toscana nel primo pomeriggio di martedì 18 giugno.
Teresa Sommario, 54 anni, è stata barbaramente uccisa con un’accetta, un’arma brutale che ha trasformato una discussione familiare in un bagno di sangue. Il presunto assassino, Filippo Manni, il figlio ventunenne della vittima, è stato prontamente fermato dai Carabinieri dopo una breve fuga, ponendo fine a un’agghiacciante sequenza di eventi.

Uccide la mamma con un’accetta
L’allarme, scattato immediatamente dopo l’omicidio, ha richiamato sul luogo della tragedia un imponente dispiegamento di forze dell’ordine. I Carabinieri, affiancati dai mezzi del 118 e dagli agenti di polizia, hanno transennato l’intera via, trasformando la scena del crimine in un epicentro di sgomento e incredulità. L’attesa della pubblico ministero di turno, Simona Rizzo, ha segnato le ore successive, mentre gli inquirenti cominciavano a raccogliere i primi, agghiaccianti dettagli.

A dare l’allarme sono stati alcuni vicini, testimoni involontari di una tensione che da tempo covava tra madre e figlio. I contrasti familiari, probabilmente insanabili e protratti nel tempo, si profilano come il movente principale di questa tragedia che ha spezzato un legame sacro in modo così efferato. La comunità di Racale si stringe ora nel dolore e nello shock, confrontandosi con l’indicibile violenza che ha macchiato le sue strade.
In casa, al momento dei fatti, era presente anche un altro figlio della donna. Il fratello 17enne stava entrando in doccia quando ha sentito le urla, è sceso al piano di sotto in casa e ha trovato la mamma sul divanetto di casa in una pozza di sangue. È stato lui, sotto shock, a lanciare l’allarme contattando i familiari, gli operatori del 118 e i carabinieri.

Il tragico eco di conflitti irrisolti
L’omicidio di Teresa Sommario va ben oltre la semplice cronaca di un efferato fatto di sangue; si configura piuttosto come il drammatico epilogo di dinamiche familiari complesse e profondamente dolorose, rimaste irrisolte fino a sfociare in una violenza inaudita. È un monito inquietante che si staglia all’orizzonte della nostra società, sottolineando l’estrema fragilità dei rapporti umani e le conseguenze catastrofiche che possono derivare da conflitti irrisolti e rancori covati nel tempo.
Questa tragedia non ci parla solo di un gesto criminale, ma ci costringe a riflettere sulla silenziosa disperazione che talvolta si annida tra le mura domestiche, sui segnali ignorati e sull’incapacità di comunicare e sanare ferite che, se lasciate aperte, possono trasformarsi in abissi di violenza. L’eco di questa morte risuona come un amaro richiamo alla necessità di maggiore attenzione verso le difficoltà interpersonali e all’importanza di intervenire prima che il punto di non ritorno venga raggiunto, per evitare che altre vite vengano spezzate da un’escalation di sofferenza e incomprensione.