
“Se qualcuno vi obbliga a fare qualcosa che non dovete fare, denunciatelo”. Con queste parole, la sindaca di Genova Silvia Salis ha lanciato un messaggio netto ai dipendenti comunali, nel pieno di un’inchiesta che sta travolgendo la polizia locale e gli ex vertici politici del capoluogo ligure. Un’indagine articolata, condotta dalla Procura, che disegna un sistema in cui si intrecciano abusi di potere, corruzione, violenze contro fermati, e perfino tentativi di dossieraggio politico contro la stessa prima cittadina.
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Un’inchiesta su tre fronti: corruzione, dossier e violenze
Il cuore dell’indagine ruota intorno alla figura dell’ex assessore Sergio Gambino, esponente di Fratelli d’Italia, accusato di corruzione e di aver orchestrato una campagna di delegittimazione contro Silvia Salis. Secondo quanto emerso, Gambino avrebbe avuto accesso a un verbale secretato relativo a un incidente stradale che coinvolse la sindaca nel 2024, utilizzandolo per screditarla pubblicamente. Il documento sarebbe stato fatto filtrare alla stampa con l’aiuto del comandante della polizia locale, Gianluca Giurato.
Un secondo filone dell’inchiesta punta sulle pressioni esercitate da Gambino per favorire imprenditori amici in cambio di bonifici, cene elettorali, rate di leasing e altri favori legati agli appalti pubblici. Un sistema di scambi opachi che, secondo l’accusa, sarebbe stato attivo da tempo e supportato da una rete consolidata di relazioni interne.
Ma è il terzo fronte, quello più crudo, a generare sconcerto: quindici agenti del reparto Sicurezza urbana sono indagati per lesioni, peculato e falso ideologico. In alcune chat interne, tra cui una intitolata “Quei bravi ragazzi”, si ironizzava sulle percosse inflitte ai fermati. Gli agenti si scambiavano messaggi in cui definivano gli schiaffi come “cioccolatini” e le violenze fisiche come “sberlari”. In un caso, è stata condivisa la foto di un referto ospedaliero di un giovane che, dopo un fermo violento, aveva subito traumi ai testicoli. “Evidentemente si è rotto le palle”, è uno dei commenti emersi dalle conversazioni.

Una cassa comune alimentata da oggetti sequestrati
Secondo gli investigatori, all’interno del corpo esisteva anche una cassa comune, alimentata con denaro contante e oggetti sottratti durante le perquisizioni. In un quadro già allarmante, emerge anche la presenza di armi improprie, come un tonfa – un manganello usato nelle arti marziali – rinvenuto nell’armadietto di uno degli agenti.
Tra le vittime delle violenze, anche un minorenne, mentre altre persone venivano accusate tramite prove fabbricate: piccole dosi di droga trattenute in precedenza venivano utilizzate per incastrare sospetti pusher trovati privi di stupefacenti.
Il coraggio di chi ha denunciato
L’inchiesta è stata resa possibile grazie alla denuncia di tre agenti, due delle quali si erano già rivolte a Gambino nell’ottobre 2024. In quell’occasione, però, la segnalazione fu ignorata e derubricata dal comandante Giurato come esagerazione. Solo in seguito, le agenti si rivolsero direttamente alla Procura, facendo emergere uno scenario che oggi appare in tutta la sua gravità.
“Chi era nella posizione di chiedere una cosa che non poteva chiedere, l’ha fatto facendo valere il suo potere”, ha dichiarato la sindaca Salis, sottolineando la “responsabilità politica gravissima” di chi ha coperto e tollerato quegli abusi.
Riforma e riorganizzazione della polizia locale
In risposta alla crisi, l’amministrazione ha annunciato un piano di riorganizzazione profonda del corpo di polizia locale. “Vogliamo riportare la polizia locale a un ruolo di prossimità”, ha dichiarato l’assessora alla sicurezza Arianna Viscogliosi, prendendo le distanze da una gestione ritenuta troppo vicina a logiche di repressione militarizzata.
Il vicesindaco Alessandro Terrile è stato altrettanto chiaro: “Usare informazioni riservate per propaganda politica è un fatto gravissimo. Intacca la libertà di tutti i cittadini”.

Denunce e minacce ignorate da anni
Non tutti, però, sono sorpresi da quanto emerso. Nel quartiere della Maddalena, il commerciante Andrea Piccardo, attivista dell’associazione Ama, racconta di denunce rimaste inascoltate per anni. “In commissione il capo della polizia ci intimidì, minacciando querele se non avevamo le prove. Ora scopriamo che tra quelle prove c’era anche un tonfa usato durante i servizi”, ha raccontato.
Anche Simone D’Angelo, ex capogruppo Pd, ricorda come chi criticava la “deriva poliziottesca” veniva demonizzato. “Mentre si sbandierava la repressione come unica politica per la sicurezza, chi denunciava veniva messo a tacere”, ha dichiarato.
Una pagina buia per la città
L’inchiesta ha aperto una delle crisi istituzionali più gravi degli ultimi anni per la città di Genova, coinvolgendo figure di spicco della politica locale e gettando ombra sulla gestione della sicurezza pubblica. Le responsabilità dovranno ora essere accertate nelle sedi giudiziarie, ma nel frattempo la giunta Salis è chiamata a ricostruire la fiducia con i cittadini, rilanciando una visione civile, trasparente e legale del ruolo delle istituzioni.
Mentre le indagini continuano, resta l’amarezza per una realtà in cui violenze sistematiche, omertà interna e connivenze politiche sembrano aver preso il posto del servizio pubblico e della legalità.