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“In tanatosi!”. Accuse pesantissime a Meloni: Lilli Gruber di sasso

Pubblicato: 18/06/2025 09:55
Travaglio Gruber Meloni Tanatosi

La posizione dell’Italia nel conflitto tra Israele e Iran è stata al centro di un acceso intervento di Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, durante la trasmissione Otto e mezzo in onda su La7. Con il suo consueto tono critico, Travaglio ha definito la linea del governo Meloni come un caso di “tanatosi politica”, cioè una finta paralisi utile a evitare danni in uno scenario internazionale sempre più esplosivo.
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Un giudizio duro, accompagnato da attacchi diretti al ministro degli Esteri Antonio Tajani, e a una riflessione più ampia sul comportamento dell’Europa nei confronti del conflitto mediorientale. Secondo Travaglio, nel silenzio o nelle dichiarazioni avventate dei leader occidentali si cela un pericolo imminente: quello di diventare bersaglio del risentimento generato da una percepita complicità con Israele.
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Una politica estera immobile come strategia

«I naturalisti parlano di tanatosi», esordisce Travaglio, «l’atteggiamento di alcune specie animali che si fingono morte per salvarsi. Questa è la politica estera dell’Italia». Una strategia passiva, dunque, ma secondo il giornalista preferibile rispetto ai “deliri imbarazzanti” di altri attori internazionali. Al centro delle critiche, Tajani, accusato di rilasciare ultimatum inefficaci e ignorati da entrambe le parti del conflitto: «Senza che, probabilmente, quei Paesi sappiano di chi sia».

L’immobilismo italiano, per quanto criticabile, è però descritto come una forma di autodifesa rispetto ai toni più accesi provenienti da altri leader europei. Travaglio cita in particolare il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha affermato: «Israele sta facendo il lavoro sporco per tutti noi». Una dichiarazione che, secondo il direttore del Fatto Quotidiano, espone l’Europa a rischi concreti di ritorsione terroristica.

Il peso delle parole in uno scenario esplosivo

«Fingersi morti è comunque preferibile rispetto alle esternazioni di Merz, Macron o Starmer», prosegue Travaglio. A suo dire, i principali leader europei stanno affrontando il conflitto tra Israele e Iran con un linguaggio incendiario, destinato a produrre effetti pericolosi soprattutto sul suolo europeo, non negli Stati Uniti o in Israele.

Il giornalista sottolinea la presenza di cellule islamiste dormienti all’interno dei confini europei, che potrebbero essere risvegliate proprio da un’escalation di retorica bellicista. Secondo Travaglio, le frasi pronunciate da alcuni leader potrebbero trasformare l’Europa nel bersaglio privilegiato per eventuali ritorsioni: «Quando succede, si pongono una domanda: da dove cominciamo? Qual è il governo più complice di questo crimine?».

La doppia morale sulle sanzioni

Tra i punti centrali della critica, Travaglio insiste sull’apparente ipocrisia occidentale nella gestione delle sanzioni internazionali. L’Europa, secondo lui, avrebbe agito con fermezza contro la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, ma non avrebbe applicato alcuna misura punitiva nei confronti di Israele, nonostante il crescente numero di vittime palestinesi.

«L’Europa ha passato tre anni a inondare di sanzioni l’aggressore russo», osserva, «e non ha ancora applicato una sola micro-sanzione all’aggressore israeliano». Anzi, aggiunge, Israele viene trattato come l’aggredito, in una narrazione che rovescia la realtà dei fatti. Una dinamica che, secondo Travaglio, genera risentimento nei Paesi arabi e nel mondo musulmano, contribuendo ad aumentare i rischi per la sicurezza europea.

Il rischio di pagare il prezzo politico e umano

Il tono dell’intervento si fa ancora più grave nella conclusione. Travaglio denuncia una doppia morale nell’attribuzione del valore della vita umana, secondo cui «devono morire almeno mille palestinesi per ogni vittima occidentale o “amica” dell’Occidente» affinché il mondo si indigni. Questa disumanizzazione, secondo lui, crea il contesto perfetto per la radicalizzazione.

Infine, il giornalista lancia un monito sull’impatto delle scelte politiche occidentali: «Quando le cellule terroristiche si chiederanno da dove partire per colpire, guarderanno ai governi che si sono dimostrati più indecenti nell’appoggio a Netanyahu». In questo quadro, Travaglio attribuisce all’Italia un ruolo ambiguo ma ancora parzialmente salvabile: «Il nostro governo non ha mai detto una parola contro Israele, ma almeno adesso non osa nemmeno alzare il capino».

In opposizione, invece, chi – come Merz – si espone apertamente in difesa dell’operato israeliano starebbe, secondo Travaglio, “mettendo nel mirino il proprio popolo” con dichiarazioni che rischiano di ritorcersi contro le popolazioni europee.

Un allarme lanciato senza mezzi termini, che riaccende il dibattito su quanto il linguaggio politico possa influenzare scenari di guerra e terrorismo.

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Ultimo Aggiornamento: 18/06/2025 13:31

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