
Dopo il largo consenso ottenuto con la manifestazione unitaria per Gaza, torna a dividersi il fronte del centrosinistra sul delicato tema del riarmo. A generare tensione tra Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra sono due questioni politiche rilevanti: la partecipazione alla manifestazione «no riarmo» del 21 giugno a Roma e il controverso voto espresso al Parlamento europeo sulla possibilità di destinare parte dei fondi del Pnrr alla difesa militare.
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Il Pd si sfila dalla piazza del 21 giugno
Alla manifestazione contro il riarmo promossa da reti pacifiste e organizzazioni della società civile per sabato 21 giugno, il Pd ha scelto di non partecipare ufficialmente, segnando un passo indietro rispetto alla presenza alla mobilitazione del 5 aprile. Alcuni esponenti dem saranno comunque presenti a titolo personale, tra cui Arturo Scotto, che ha condiviso la scelta con Elly Schlein, e l’europarlamentare Marco Tarquinio, vicino agli ambienti cattolici promotori della mobilitazione. Tuttavia, altri volti noti, come Laura Boldrini, hanno già fatto sapere di non poter essere presenti per altri impegni.
Questa posizione ha generato malumori tra gli alleati, soprattutto considerando la visibilità che il corteo ha assunto in un contesto europeo segnato da nuove tensioni militari e dalla discussione sull’impiego delle risorse comunitarie.

Pnrr e difesa, scontro aperto all’europarlamento
La frattura più evidente si è verificata con il voto espresso ieri al Parlamento europeo sulla relazione di attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, meglio noto come Pnrr. Il documento, elaborato da socialisti e popolari, conteneva alcuni paragrafi che prevedono una valutazione sull’impiego dei fondi europei per scopi di difesa, compresi investimenti nelle catene di approvvigionamento, nelle scorte strategiche e nell’innovazione militare.
Il Partito Democratico ha votato contro i singoli paragrafi che aprivano a questa possibilità – in particolare il paragrafo 43 – ma ha approvato l’intero documento nel suo complesso. A spiegare la posizione è Nicola Zingaretti, capodelegazione dem a Bruxelles: “Il documento chiede alla Commissione europea una proroga di 18 mesi per l’utilizzo dei fondi Pnrr. Senza questa proroga, il rischio è che milioni di euro destinati alle opere pubbliche vengano bloccati, con gravi conseguenze per i territori”.
Conte attacca: “Tradimento dei cittadini”
Durissima la reazione del Movimento 5 Stelle, che ha votato contro la relazione in blocco, insieme agli eurodeputati di Avs. “Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla possibilità di usare i fondi del Recovery Fund per il riarmo – ha denunciato Giuseppe Conte –. Noi ci siamo opposti. Per ottenere quei 209 miliardi abbiamo lottato per scuola, sanità, lavoro. Ora li vogliono dirottare su un’economia di guerra: è un tradimento”.
Anche la delegazione del M5S a Bruxelles ha definito il voto di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Pd “gravissimo”, accusando i partiti di governo e parte dell’opposizione di offrire “il pretesto perfetto” per spostare risorse pubbliche dalla spesa sociale a quella militare.
Dello stesso avviso i deputati pacifisti, tra cui Leoluca Orlando, Ilaria Salis, Ignazio Marino e Benedetta Scuderi, che in una nota congiunta parlano di “scelta irresponsabile”, denunciando il rischio di alimentare “una guerra permanente mentre si taglia su beni essenziali”.

La replica del Pd: “No a un uso distorto dei fondi”
Zingaretti ha risposto direttamente alle accuse dell’ex premier: “Dire che abbiamo votato a favore dell’uso dei fondi Pnrr per la difesa è falso. Il documento approvato non lo chiede. Se la proroga non sarà concessa, ogni governo potrà comunque decidere autonomamente come impiegare i fondi residui. È su questo che bisogna vigilare”.
Sulla stessa linea anche Stefano Bonaccini, che ha ribadito la contrarietà del Pd a “qualsiasi dirottamento di risorse verso il riarmo nazionale, se non in un contesto di strategia comune europea”.
Fitto chiude alla proroga, Tajani apre
Ad alimentare la tensione ha contribuito la presa di posizione del commissario europeo Raffaele Fitto, che ha escluso la possibilità di una proroga dei tempi di utilizzo del Pnrr oltre il dicembre 2026, a meno di un’intesa unanime in Consiglio e della successiva ratifica nei parlamenti nazionali.
Di diverso avviso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha lasciato aperta la porta a una proroga “in caso di forza maggiore”.
Una crepa profonda nel campo giallorosso
Quel che resta sul tavolo, al di là delle formulazioni tecniche e delle divergenze procedurali, è una nuova, evidente frattura politica tra le forze del centrosinistra. Da una parte il Pd, accusato di ambiguità su un tema eticamente e strategicamente sensibile. Dall’altra M5S e Avs, che alzano il muro su ogni apertura verso l’economia di guerra. In mezzo, le piazze che tornano a mobilitarsi e un’Europa che, tra tensioni geopolitiche e vincoli economici, cerca faticosamente la propria linea.