
Un piattino di carta, due vaschette vuote di Frùttolo, la plastica della confezione, un contenitore di EstaThé con cannuccia, una scatola di biscotti e un sacchetto di cereali. Oggetti comuni, apparentemente insignificanti, ritrovati nella spazzatura della villetta di Chiara Poggi a Garlasco, ma che, a quasi 18 anni dal delitto, tornano al centro delle indagini. Nessuna impronta digitale è stata rilevata sui materiali finora esaminati. Lo apprende l’Adnkronos al termine dell’incidente probatorio avvenuto oggi, in un clima teso e denso di attese.
Gli oggetti, recuperati dai cassonetti della villetta Poggi e mai analizzati a fondo fino a oggi, sono ora al vaglio degli esperti della polizia scientifica, insieme ai periti nominati dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia, Daniela Garlaschelli, e ai consulenti delle varie parti: quelli della difesa del nuovo indagato Andrea Sempio, del condannato Alberto Stasi e della famiglia della vittima. Tutti riuniti per valutare la possibile presenza di tracce di DNA o altri elementi utili a riaprire scenari mai del tutto chiusi.

I primi risultati delle analisi
La giornata si è svolta negli uffici della polizia scientifica, rallentata da un blackout elettrico che nel tardo pomeriggio ha colpito la Questura, ma senza interrompere l’analisi dei reperti. Proprio su uno degli oggetti, le vaschette di Frùttolo, si sono concentrate in queste ore le tensioni maggiori: simbolo, per l’avvocato Massimo Lovati, difensore di Sempio, di un incubo processuale, ma anche perno delle ipotesi investigative avanzate dalla Procura di Pavia, convinta che gli assassini abbiano fatto colazione con Chiara la mattina del 13 agosto 2007, prima di ucciderla.
In questa nuova fase processuale – che ruota attorno all’ipotesi di un omicidio in concorso – la pattumiera diventa così un terreno chiave di ricerca: frammento materiale di una quotidianità spezzata, potenziale custode di verità residue. Con il tempo che scorre e la giustizia che ancora cerca risposte, ogni traccia diventa preziosa.