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Guerra Israele-Iran, paura per le truppe italiane. Il nodo delle basi

Pubblicato: 19/06/2025 06:42

La presidente del Consiglio riceve rapporti continui dai vertici militari. Nessuna richiesta ufficiale da Washington, ma Roma si prepara a ogni scenario. Tajani si affida all’Oman per la mediazione tra Usa e Iran. In Andalusia intanto arrivano i bombardieri americani.

Nel suo studio a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha già incontrato più volte i vertici dell’intelligence e delle forze armate italiane. Il rientro precipitoso dal G7 in Canada, l’alba vissuta tra briefing e allarmi, le valutazioni riservate sui rischi di un’escalation mediorientale hanno trasformato Roma in uno dei crocevia della diplomazia militare di queste ore. Il conflitto che si allarga, le mosse di Trump, il fronte iraniano e le truppe italiane già presenti in Iraq: l’Italia si muove in equilibrio sottile tra prudenza e lealtà atlantica.

Per ora, spiegano fonti di governo, non è giunta alcuna richiesta formale da parte degli Stati Uniti per l’utilizzo delle basi italiane in vista di un’eventuale azione militare contro l’Iran. Ma è chiaro a tutti che, se arrivasse, la questione non potrebbe essere ignorata. E in pochi, a porte chiuse, escludono che l’Italia possa davvero sfilarsi da un’eventuale operazione congiunta. Il nodo delle basi — da Aviano a Vicenza, da Napoli a Sigonella — resta sul tavolo. La premier, però, per ora dribbla l’argomento: “Non è una decisione che si prende così”, ha detto dal Canada, “valuteremo se e quando sarà il caso”.

Tra prudenza e deterrenza

Una posizione che rispecchia la linea attuale: tatticismo e silenzio, nella speranza che si riapra uno spiraglio di trattativa. Sul tavolo resta anche il tema del cosiddetto regime change a Teheran, ma l’idea — ventilata da Trump — di coinvolgere Putin nei negoziati viene respinta nettamente da Meloni: “Non è un’opzione sul campo”, ha tagliato corto. Intanto, il governo segue con attenzione i movimenti iraniani, anche perché i pasdaran hanno minacciato ritorsioni contro le postazioni europee in caso di coinvolgimento occidentale. E in Iraq e in Libano ci sono anche soldati italiani.

Sul fronte diplomatico, è il ministro degli Esteri Antonio Tajani a muoversi tra gli omologhi della regione, con l’obiettivo di dare una sponda alla mediazione dell’Oman tra Washington e Teheran. Roma — che in passato ha avuto un ruolo importante nei colloqui informali — spera ancora di scongiurare il peggio, a partire da una crisi nello stretto di Hormuz, da cui transita circa un terzo del petrolio mondiale.

Le manovre della Nato e il pressing Usa

Ma intanto gli Stati Uniti si muovono: il governo spagnolo ha già dato il via libera all’arrivo di bombardieri e aerei cisterna americani nelle basi di Moron de la Frontera e Rota, in Andalusia. E anche se a Roma si preferisce credere che verranno impiegate in prima battuta le basi in Arabia Saudita, Bahrain o Egitto, è chiaro che l’Italia — con la sua rete di infrastrutture strategiche — resta centrale.

Da qui la necessità di coordinarsi con le altre capitali europee. A Le Bourget, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha incontrato i suoi omologhi di Francia e Gran Bretagna, affiancato dal capo di Stato maggiore Luciano Portolano. L’obiettivo resta evitare che il conflitto si allarghi oltre misura: “C’è la volontà di compiere ogni sforzo per scongiurare un’escalation dei drammatici conflitti in corso”, ha dichiarato Crosetto, senza nascondere la tensione crescente.

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