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“Made in Italy”, cosa si nasconde davvero dietro il marchio e quanto (poco) di italiano c’è dentro. È bufera

Pubblicato: 19/06/2025 17:58
Made in Italy

C’è una polemica che sottotraccia si sta dipanando in Italia e all’estero: i prodotti che riportano il marchio “Made in Italy” sono davvero fatti in Italia? E cosa c’è dietro l’attribuzione di questo sigillo? Se infatti si va ad indagare, si scopre che la questione non è così semplice e rosea come si potrebbe immaginare. Il vero inghippo sta nel fatto che “Made in Italy” si può usare se l’ultima trasformazione sostanziale avviene in Italia. E cosa si intende concretamente? Che se la fase più importante (tipo l’assemblaggio finale, la cucitura o il confezionamento) avviene in Italia, il prodotto può legalmente essere dichiarato Made in Italy. In un’epoca di fortissima delocalizzazione si capisce bene che quindi molti prodotti riportano questo sigillo di garanzia ma in realtà nascondono un’altra verità, e cioè che gran parte del lavoro viene fatto all’estero e che, probabilmente, gran parte dei pezzi che compongono quel prodotto sono stati fabbricati all’estero. Ma vediamo qualche esempio concreto per capire meglio la questione.
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Cosa fanno i brand “Made in Italy”

L’esempio più concreto è questo. Un grande brand produce componenti in Asia (facciamo conto che si tratti di pelle tagliata, parti di borse, accessori metallici ecc), spesso in Cina o Vietnam, dopodiché i pezzi vengono spediti in Italia e qui vengono assemblati. Avvenendo l’assemblaggio in Italia, il prodotto finito può essere legalmente etichettato come “Made in Italy”. Questa pratica, che sta diventando sempre più ricorrente, va a penalizzare i produttori (e i prodotti) davvero Made in Italy, per questo ora è in corso una vera lotta contro questa prassi e vengono chieste regole più rigide e serie per l’attribuzione del marchio. Anche perché qui c’è in ballo la storia e la reputazione e la qualità di un Paese intero.

Perché la maggior parte dei brand adottano questa pratica

I grandi brand agiscono così – ripetiamo: al momento siamo nella legalità – perché in questo modo ottengono un taglio dei costi (la manodopera in Cina costa anche 10 volte meno) mantenendo comunque il brand appeal di “Made in Italy” che fa vendere, soprattutto in Asia e USA. Il trucco è semplice: basta rispettare la regola della trasformazione finale e il gioco è fatto. Fabbrico scarpe di lusso? Ebbene, le tomaie vengono fatte in Albania o Tunisia, ma poi incollate in Italia. E il prodotto risulterà comunque Made in Italy. Idem per le borse: le pelli vengono trattate in Cina, ma poi cucite a Scandicci (FI). Se un consumatore volesse quindi contrastare questo fenomeno e acquistare un prodotto che sia veramente fatto interamente in Italia deve leggere attentamente le etichette e evitare prodotti con diciture come ad esempio “assemblato in Italia con materiali importati”. Inoltre, è preferibile acquistare brand che dichiarano “100% prodotto in Italia”, che è diverso dal semplice, appunto, “Made in Italy”.

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Ultimo Aggiornamento: 19/06/2025 18:01

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