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Martina Carbonaro, l’assassino reo confesso scrive al Papa: “Chiedo perdono”

Pubblicato: 19/06/2025 12:49
Martina Carbonaro assassino scrive Papa

Ha suscitato reazioni forti e contrastanti la lettera scritta da Alessio Tucci, il 19enne reo confesso dell’omicidio della sua ex fidanzata, Martina Carbonaro, la 14enne uccisa ad Afragola. Il giovane ha chiesto perdono attraverso una missiva indirizzata a Papa Leone XIV, affidandola a un sacerdote impegnato in attività di volontariato nel carcere in cui è detenuto. Un gesto che ha immediatamente riacceso il dolore della famiglia della vittima, soprattutto della madre, che ha duramente condannato l’iniziativa.
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La lettera dal carcere e la richiesta al Pontefice

La lettera scritta da Tucci è un appello alla misericordia divina, un tentativo di redenzione indirizzato non solo al Papa, ma a chiunque possa ancora ascoltare la voce di un colpevole. “Chiedo perdono per quello che ho fatto”, scrive il 19enne nella sua confessione, affidata a un sacerdote che opera tra le mura del carcere dove è rinchiuso. Nella missiva, Tucci racconta la sua versione dei fatti, cercando forse di spiegare, o giustificare, il gesto estremo che ha posto fine alla vita di una ragazza di appena 14 anni.

Secondo quanto riportato da Fanpage.it, il giovane avrebbe anche chiesto al Pontefice di recitare una preghiera per Martina, la ragazza che ha ucciso e che, con il suo gesto, ha sottratto per sempre all’amore della sua famiglia e alla possibilità di vivere un futuro. Una richiesta che, nelle intenzioni del ragazzo, potrebbe apparire come un atto di pentimento, ma che agli occhi di chi ha subito la perdita appare profondamente ipocrita.

La rabbia della madre di Martina: “Niente perdono, voglio giustizia”

Durissima la reazione di Enza Cossentino, madre della giovane vittima, che ha affidato a Fanpage.it parole cariche di dolore e indignazione. “Spero, caro Papa, che non gli risponderete neanche”, ha detto, riferendosi alla lettera di Tucci. “Un mostro ha ucciso la mia unica figlia, la mia vita. Il delitto che ha fatto lui non lo avrebbe fatto nemmeno un serial killer”.

Nel suo sfogo, la donna respinge ogni ipotesi di perdono: “Niente perdono. Io sono una mamma afflitta dal dolore. Voglio giustizia. Fine pena mai per il mostro”. Parole che testimoniano un lutto ancora profondamente aperto, una ferita che nessun gesto di pentimento potrà mai rimarginare. Per la madre di Martina, la richiesta di perdono è una beffa, un’offesa alla memoria della figlia e alla sofferenza della sua famiglia.

Una comunità sconvolta da un delitto senza senso

La tragedia avvenuta ad Afragola ha lasciato sgomenta un’intera comunità. L’uccisione di Martina Carbonaro, una ragazza di soli 14 anni, per mano dell’ex fidanzato appena maggiorenne, ha scatenato un’ondata di dolore, rabbia e richieste di giustizia. Il caso ha riportato al centro dell’attenzione pubblica il dramma dei femminicidi e la necessità di proteggere le vittime più giovani da dinamiche relazionali tossiche e pericolose.

In questo contesto, il gesto di Tucci appare ambivalente: da un lato un segno di ravvedimento, dall’altro una mossa percepita come tardiva e inaccettabile. Le parole rivolte al Papa si scontrano con una realtà in cui il dolore e il senso di perdita sono ancora troppo vivi perché si possa parlare di compassione.

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Perdono e giustizia: due visioni inconciliabili

Il contrasto tra il pentimento dell’assassino e la sete di giustizia della famiglia di Martina mette in luce una delle tensioni più forti nei casi di crimini efferati. Mentre l’ordinamento penale si muove tra punizione e possibilità di rieducazione, la società civile e, soprattutto, i familiari delle vittime, chiedono pene esemplari, in nome di chi non può più difendersi.

In questo caso, la lettera a Papa Leone XIV non è riuscita a sollevare comprensione o pietà: ha invece alimentato il dolore e l’indignazione, diventando il simbolo di una distanza incolmabile tra chi ha tolto una vita e chi quella vita l’aveva messa al mondo.

L’eco della tragedia di Afragola continua a risuonare, amplificata dalle parole, dalle reazioni, dalle richieste di verità e di condanna. Nessuna lettera, nessun pentimento può restituire Martina Carbonaro ai suoi cari. E il perdono, per ora, resta una strada sbarrata.

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