
Una chat interna, toni goliardici e linguaggio in codice per mascherare pestaggi, abusi di potere, simulazioni di reato e odio razziale. Così si presentano gli elementi al centro dell’inchiesta che vede coinvolti 15 agenti della polizia locale di Genova, ora ufficialmente indagati dalla Procura del capoluogo ligure. Le accuse sono gravissime: lesioni, falso ideologico, violenza privata, peculato, abusi su persone fermate e addirittura costruzione di prove false.
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Le chat della vergogna tra manganelli, “cioccolatini” e “napalm”
Gli investigatori hanno acquisito conversazioni interne nelle quali gli indagati si scambiavano messaggi codificati per commentare le loro azioni. I manganelli diventavano “tonfa”, le botte erano descritte come “cioccolatini”, “torte sacher”, oppure “giri sulla giostra” e “benedizioni”. Espressioni dal tono apparentemente scherzoso, ma che secondo gli inquirenti mascheravano una violenza sistematica, aggravata da motivazioni razziste e discriminatorie.
I bersagli, nella gran parte dei casi, erano stranieri, tossicodipendenti e soggetti vulnerabili. In una delle chat si legge un’agghiacciante espressione: “Pulizia con il napalm” riferita ai “negri di merda”. Frasi inaccettabili, che confermano, secondo la Procura, un clima tossico e deviato all’interno di un corpo di polizia che avrebbe dovuto tutelare la legalità e i diritti.
Il pestaggio del minore libico e le prove simulate
L’indagine prende le mosse da un episodio avvenuto nel febbraio del 2024, quando un minorenne libico viene fermato dagli agenti e colpito con calci nei testicoli. Subito dopo, il giovane viene denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. In una conversazione su WhatsApp, uno degli agenti si giustifica così: “Tanto è la sua parola contro la nostra, siamo pubblici ufficiali”. Un’affermazione che rivela non solo l’abuso, ma anche la consapevolezza della posizione di forza istituzionale, utilizzata come scudo contro eventuali accuse.
Un’altra vittima è un cittadino marocchino, accusato di borseggio su un autobus. Finisce al pronto soccorso dell’ospedale di Voltri con traumi facciali, fratture e un trauma lombare. Secondo le indagini, è stato picchiato a bordo di un’auto di servizio. Ancora, nella notte di Capodanno, a subire è un cittadino sudamericano, arrestato per resistenza e manganellato mentre era in ginocchio.
Perquisizioni, droga e prove costruite
Dagli atti emerge anche l’abitudine di piazzare sostanze stupefacenti addosso ad alcuni fermati. Secondo quanto emerso, la droga veniva portata con sé dagli agenti e “poteva sempre servire per una perquisizione”. È il caso di un consumatore di crack, insultato con parole violentissime: “Sei un pezzo di merda, uno scarto della società, non servi a un cazzo. Ti va bene che non eri nella macchina, perché sennò ti avrei ammazzato di botte”. Addosso gli viene poi trovato dell’hashish, e questo basta per classificarlo come spacciatore.
L’uso strumentale delle prove false rientra tra le accuse più delicate, poiché tocca il cuore della funzione pubblica. Inserire bustine di droga nelle tasche dei fermati non è solo una simulazione di reato: è manipolazione del processo penale, è peculato di strumenti di indagine e una deviazione gravissima della giustizia.

L’agente che ha denunciato e il senso di vergogna
Tra le carte dell’inchiesta, spicca la testimonianza di un’agente che ha scelto di denunciare i propri colleghi. Un gesto di rottura e coraggio in un ambiente descritto come omertoso e aggressivo. La donna ha affermato di essersi vergognata della divisa, dichiarando di non riconoscersi in ciò che stava accadendo nel corpo di polizia a cui apparteneva.
Le sue parole sono diventate uno spartiacque morale nella vicenda: “Quello che ho visto e sentito non può rappresentare il nostro lavoro. La divisa non è uno scudo per l’impunità”. Il suo contributo si è rivelato decisivo per far emergere il sistema di violenza e falsificazione portato avanti all’interno del gruppo.
La reazione politica e il futuro della polizia locale
A indagini chiuse, è intervenuta anche la sindaca Silvia Salis, appena insediata, che ha promesso una revisione radicale del ruolo delle polizie municipali. “Vogliamo ridefinire le competenze della polizia locale”, ha dichiarato, sottolineando l’urgenza di riformare e ripristinare la fiducia pubblica.
La Procura ha quindi formalizzato l’accusa per tutti i 15 indagati, ai quali viene contestato anche il peculato, in relazione all’uso illecito di materiali e strumenti operativi per fini estranei al servizio. L’inchiesta si prepara ora ad approdare in aula, dove dovrà essere verificata la responsabilità penale dei soggetti coinvolti.