
Mentre la comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’evolversi della crisi tra Israele e Iran, e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump annuncia di volersi prendere quindici giorni prima di decidere un eventuale intervento militare diretto, il ministro della Difesa Guido Crosetto interviene con fermezza, escludendo ogni possibile coinvolgimento dell’Italia in un’azione bellica.
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Nessun coinvolgimento militare italiano
“La Costituzione italiana non permette interventi militari di questo tipo e, soprattutto, non c’è alcuna volontà politica di partecipare a un conflitto contro l’Iran”, ha chiarito Crosetto durante la sua partecipazione al programma televisivo Dritto e Rovescio su Retequattro, condotto da Paolo Del Debbio. Le sue parole intendono rassicurare l’opinione pubblica in un momento in cui le tensioni in Medio Oriente potrebbero degenerare in uno scontro su scala globale.
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Il ministro ha insistito sul fatto che non ci saranno soldati italiani né aerei tricolori coinvolti in eventuali operazioni di bombardamento sul territorio iraniano. “L’Italia non pensa di entrare in guerra con l’Iran”, ha ribadito, marcando una netta distanza dalle scelte strategiche che potrebbero essere intraprese da Washington.

Le basi statunitensi in Italia e il ruolo del governo
Nel corso dell’intervista, Crosetto è stato sollecitato anche sul possibile utilizzo delle basi militari americane in Italia. Strutture che rientrano in un quadro di accordi bilaterali risalenti agli anni Cinquanta. Secondo il ministro, gli Stati Uniti possono farne uso “solo dopo aver spiegato per cosa le vogliono usare e solo con l’autorizzazione del governo italiano”.
Nessuna richiesta ufficiale sarebbe stata avanzata finora, ha precisato. Tuttavia, non si può escludere che ciò possa avvenire nei prossimi giorni, visto il clima incandescente nella regione.
L’arma nucleare e l’equilibrio instabile
Tra i nodi più delicati della crisi, la questione del possibile possesso della bomba atomica da parte dell’Iran. Crosetto è netto: “L’Iran non ha l’arma nucleare. Mi auguro che Israele non decida di usarla, perché invece Israele ce l’ha”.
Il ministro ha quindi tracciato una possibile via d’uscita dal conflitto: “Il punto è che l’Iran smetta di cercare l’arma nucleare. Basterebbe quello per fermare la guerra”. Il riferimento è al tavolo negoziale promosso da Donald Trump, che avrebbe avuto proprio quell’obiettivo: interrompere ogni programma iraniano di sviluppo di ordigni atomici. Crosetto ha espresso l’auspicio che quel tavolo possa essere riattivato, affinché si arrivi a un congelamento definitivo del programma nucleare di Teheran.
L'intervista al ministro Grosseto: "Non c'è possibilità che il regime in Iran possa cadere"
— Dritto e rovescio (@Drittorovescio_) June 19, 2025
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L’appello a Israele e la questione umanitaria
Il ministro della Difesa non ha risparmiato critiche nemmeno al governo di Benjamin Netanyahu, riferendosi esplicitamente alla condotta israeliana nella Striscia di Gaza. “Mi aspetto che Israele faccia ciò che la comunità internazionale gli chiede da tempo”, ha dichiarato. “Una cosa è la guerra contro Hamas, un’altra sono gli attacchi sui civili”.
Le sue parole pongono l’accento su un tema sensibile, quello della protezione dei non combattenti, che torna con forza ogni volta che si parla di conflitti in aree densamente popolate.
Rientro difficile per gli italiani in Iran
Un altro passaggio cruciale dell’intervento di Crosetto riguarda gli italiani ancora presenti in Iran, in particolare nella capitale Teheran, definita “la zona più pericolosa”. Il ministro ha esortato i connazionali a lasciare il Paese, sottolineando che gli israeliani si muovono con facilità sul territorio iraniano e che la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente.
“Il percorso per uscire dall’Iran è complesso, oltre 1.500 chilometri fino a Baku, in Azerbaigian, attraverso un tragitto interamente via terra”, ha spiegato. “Ma non si può restare in un paese dove la guerra potrebbe durare a lungo e dove l’uso delle armi diventa sempre più sofisticato e pericoloso”.
Una posizione netta, che si muove nel solco della tutela dei cittadini e della responsabilità istituzionale, in un contesto geopolitico in continua evoluzione.