
La soia, uno degli alimenti simbolo della dieta asiatica, torna al centro del dibattito scientifico e normativo in Europa. Il 24 marzo scorso, l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e sul lavoro (ANSES) ha emesso un parere ufficiale che sconsiglia l’impiego della soia nella ristorazione collettiva, indipendentemente dall’età dei consumatori. Al centro della preoccupazione vi è la potenziale eccessiva esposizione agli isoflavoni, composti naturali contenuti nella soia con azione simile agli estrogeni.
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I motivi del divieto francese
La posizione assunta dall’ANSES nasce da una revisione dei valori di assunzione giornaliera considerati sicuri per gli isoflavoni della soia, anche detti fitoestrogeni. Questi composti sono oggetto di attenzione da anni per la loro possibile interferenza sul sistema endocrino, in particolare in soggetti in età prepuberale o durante la gravidanza.
A vent’anni di distanza dalle valutazioni dell’allora AFSSA e AFSSAPS, che avevano fissato i limiti basandosi su dati di consumo giapponesi (60-80 mg/giorno), l’ANSES ha profondamente rivisto i parametri, riducendoli di un fattore cento. Le nuove stime, più aderenti alla realtà dei consumi asiatici effettivi (raramente superiori a 20 mg/giorno), si basano su analisi delle concentrazioni urinarie di isoflavoni in diverse popolazioni.

Studi contrastanti sugli effetti degli isoflavoni
Due studi sperimentali, uno statunitense del 2008 e uno francese del 2009, hanno fornito risultati differenti circa la tossicità degli isoflavoni. Il primo, condotto secondo gli standard dell’OCSE, non ha rilevato effetti negativi, mentre il secondo, pur non conforme agli standard internazionali, ha evidenziato malformazioni testicolari e alterazioni della funzione riproduttiva nei ratti maschi esposti in utero a isoflavoni.
Queste discrepanze indicano che gli isoflavoni, come altri interferenti endocrini, potrebbero non seguire una relazione lineare tra dose ed effetto, e che i rischi potrebbero emergere anche a dosi molto basse, soprattutto in fasi sensibili dello sviluppo.
I nuovi valori tossicologici francesi
Per proteggere i consumatori, l’ANSES ha fissato nuovi valori tossicologici di riferimento (VTR):
- 0,02 mg/kg/giorno per la popolazione generale
- 0,01 mg/kg/giorno per donne in età fertile, in gravidanza e bambini in età prepuberale
In termini pratici, un uomo di 80 kg non dovrebbe superare 1,6 mg/giorno di isoflavoni, una donna di 60 kg dovrebbe restare sotto 0,6 mg/giorno, e un bambino di 30 kg non superare 0,3 mg/giorno. Valori molto al di sotto della media dei consumi dei consumatori abituali.

I dati francesi sul superamento delle soglie
Utilizzando i risultati dello studio INCA3 (Étude individuelle nationale des consommations alimentaires), l’ANSES ha stimato che una parte significativa della popolazione superi regolarmente le soglie di sicurezza attraverso il solo consumo alimentare. Gli alimenti a base di soia, fatta eccezione per la salsa di soia, contengono almeno 10 mg di isoflavoni per porzione, già oltre le soglie giornaliere raccomandate per bambini e donne in età fertile.
Effetti protettivi, ma anche potenziali rischi
Secondo Stefano Lorenzetti, Primo Ricercatore dell’ISS, gli isoflavoni della soia (genisteina, quercetina, gliciteina) sono da anni studiati per la loro azione estrogeno-simile. Alcuni studi hanno associato il loro consumo a una riduzione del rischio di tumori ormone-dipendenti, come quelli dell’endometrio o della prostata, nelle popolazioni del Sud-Est asiatico.
Tuttavia, le evidenze sugli esseri umani restano contraddittorie: alcuni studi epidemiologici mostrano benefici, altri no. Gli effetti sembrano essere reversibili negli adulti, ma potenzialmente irreversibili o a lungo termine nei bambini e nei feti, con possibile insorgenza di effetti transgenerazionali.
La posizione dell’Italia e i limiti europei
In Italia, il Ministero della Salute fissa il limite massimo ammesso per l’assunzione giornaliera di isoflavoni a 80 mg, riportando il valore nella lista delle sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico. L’EFSA, a sua volta, ha valutato sicuro un apporto fino a 150 mg al giorno per le donne in peri- e post-menopausa, ma non ha mai raccomandato l’assunzione degli isoflavoni a fini salutistici.
Lorenzetti sottolinea che in Europa il consumo è principalmente indiretto, attraverso carne o derivati animali provenienti da animali alimentati con proteine della soia, stimato in circa 60 kg all’anno pro capite. Il consumo diretto, invece, è di circa 3,5 kg annui per vegetariani e vegani.
Attenzione ai bambini e ai soggetti ipotiroidei
Particolarmente importante è l’indicazione di evitare la somministrazione di soia o latti artificiali contenenti isoflavoni ai bambini, vista la possibile interferenza sullo sviluppo del sistema ormonale e la precoce comparsa del menarca. Anche nei soggetti in cura per ipotiroidismo, l’assunzione di soia potrebbe interferire con l’assorbimento della L-tiroxina, sebbene uno studio italiano recente abbia ridimensionato tale rischio.
Come comportarsi a tavola?
Gli isoflavoni sono presenti anche in legumi come ceci, fagioli e piselli, ma in quantità minori rispetto alla soia. Tuttavia, negli alimenti tradizionali a base di soia come tofu, latte di soia e germogli, i livelli si riducono in modo considerevole. È fondamentale quindi variare l’alimentazione, senza eccedere con alimenti troppo concentrati in isoflavoni.
Anche il tipo di preparazione e cottura può influenzare il contenuto finale di isoflavoni. Il fagiolo di soia maturo contiene infatti circa 1.284 microgrammi per grammo, mentre nelle versioni acerbe o nei derivati come tempeh, miso, tofu o latte di soia, il contenuto può essere fino a tre volte inferiore. Infine, la diversità del microbiota intestinale tra asiatici e occidentali potrebbe modificare la biodisponibilità dei metaboliti attivi degli isoflavoni, influenzando l’impatto sulla salute.
In conclusione, la soia continua a essere un alimento ricco di potenzialità benefiche, ma che richiede attenzione e moderazione, soprattutto nei soggetti più sensibili. Il parere dell’ANSES segna una svolta prudenziale nel panorama europeo e potrebbe aprire la strada a nuove valutazioni regolatorie anche in altri Paesi dell’Unione.