
Silenzio. Un silenzio pesante, carico di tensione e timori. Nessuna telefonata da Washington, nessuna nota ufficiale. E a Palazzo Chigi tirano un sospiro di sollievo, ma a denti stretti: “Meglio così. Speriamo che non arrivi“, ammettono sottovoce, ben consapevoli che un’eventuale richiesta di Donald Trump per usare le basi militari italiane in un’operazione contro l’Iran rischierebbe di far saltare l’equilibrio interno.
L’incognita di un voto che spacca
Il pericolo è chiaro: se il Presidente Usa decidesse di coinvolgere Roma, il governo Meloni non potrebbe eludere un passaggio in Parlamento. E lì si aprirebbe una faglia difficilmente ricomponibile. “Un voto ci spaccherebbe“, confessano fonti vicine alla premier.
A tremare sarebbero innanzitutto i rapporti nella maggioranza: Forza Italia sarebbe costretta a fare i conti con un elettorato scettico, la Lega cavalcherebbe la bandiera sovranista, l’opposizione – da sinistra a M5S – urlerebbe al “servilismo atlantico“.

Messaggio a Washington: l’Italia fuori
Per ora, la linea ufficiale resta una sola: “Nessuna richiesta“, ribadisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani, mentre alla Difesa ripetono lo stesso mantra. Ma dietro le porte chiuse di Palazzo Chigi, i briefing riservati arriva un altro messaggio: la parola Sigonella è tornata sul tavolo. E qualcuno ha già fatto sapere discretamente alla Casa Bianca che l’Italia non reggerebbe uno scontro diretto, né sul piano militare né, soprattutto, su quello politico interno.
Il governo non vuole trovarsi schiacciato tra la fedeltà all’Alleanza Atlantica e un’opinione pubblica ostile a un nuovo coinvolgimento militare. “Non possiamo permettercelo, sarebbe un suicidio“, ammette chi frequenta le stanze dei bottoni. “Meglio che Trump si rivolga altrove“.
Il castello che trema
Ufficialmente tutto è fermo. Ma basterebbe una telefonata da Washington per far tremare di nuovo il castello di Palazzo Chigi. Un’ipotesi che in molti, in queste ore, preferiscono non immaginare. Ma con Trump alla guida e lo spettro di un’escalation in Medio Oriente, il rischio c’è. E da qui, il mantra bisbigliato in cima al potere: “Speriamo che non chiami“.