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Bielorussia, liberato Sergei Tikhanovsky: il VIDEO dell’abbraccio con la moglie commuove il web

Pubblicato: 21/06/2025 20:11
Tikhanovsky

Un’ondata di gioia ha travolto Svetlana Tikhanovskaya, che con un video su X ha annunciato la scarcerazione di suo marito, Sergei Tikhanovsky, figura di spicco dell’opposizione bielorussa al regime di Aleksandr Lukashenko.

Dopo oltre cinque anni di detenzione, il 46enne attivista si trova finalmente a Vilnius, in Lituania, insieme ad altri tredici prigionieri politici. La notizia segna un momento di speranza, ma Tikhanovskaya ha subito ribadito che la lotta per la libertà in Bielorussia è tutt’altro che conclusa.

La liberazione

La liberazione di Sergei Tikhanovsky giunge come un fulmine a ciel sereno, confermata dalle commosse parole della moglie Svetlana: «Sergei è libero! È difficile descrivere la gioia che provo». Un’emozione comprensibile, data la lunga e ingiusta detenzione che ha visto Tikhanovsky rinchiuso per oltre un lustro. Il suo arrivo a Vilnius, in compagnia di altri tredici dissidenti, non è solo una vittoria personale, ma un segnale tangibile per tutti coloro che continuano a battersi per la democrazia in Bielorussia.

Svetlana Tikhanovskaya, assurta a simbolo dell’opposizione dopo l’arresto del marito e candidata alle contestate elezioni presidenziali del 2020, ha espresso profonda gratitudine agli alleati internazionali: «Grazie al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, al suo inviato Kellogg e ai nostri alleati europei per tutti i vostri sforzi». Un riconoscimento che sottolinea l’importanza del sostegno globale in una battaglia che ha visto il regime di Lukashenko agire con pugno di ferro.

Il contesto diplomatico

La scarcerazione di Tikhanovsky e degli altri prigionieri politici è avvenuta in un momento diplomaticamente delicato. Poche ore prima dell’annuncio, si è tenuto a Minsk un incontro bilaterale tra l’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Ucraina, Keith Kellogg, e Lukashenko. L’agenda ufficiale della discussione verteva su temi internazionali, regionali e sulle relazioni tra Stati Uniti e Bielorussia, senza alcun riferimento esplicito alla questione dei detenuti politici. Tuttavia, la tempistica della liberazione suggerisce un nesso causale quasi inequivocabile tra l’incontro e l’esito finale. È plausibile che la pressione internazionale, esercitata anche attraverso canali diplomatici non dichiarati pubblicamente, abbia giocato un ruolo cruciale. Questo evento solleva interrogativi sul futuro delle relazioni tra Minsk e la comunità internazionale e sulle possibili future aperture del regime di Lukashenko, anche se l’esperienza passata suggerisce cautela.

Sergei Tikhanovsky: una voce Scomoda per il regime

Sergei Tikhanovsky, 46 anni, era un volto emergente nel panorama politico bielorusso prima del suo arresto. Blogger e attivista, aveva espresso l’intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali dell’agosto 2020, sfidando direttamente Alexander Lukashenko. Questa mossa, audace e potenzialmente destabilizzante per il regime, gli costò la libertà. Fu arrestato diverse settimane prima del voto, con accuse che l’opposizione e la comunità internazionale hanno sempre considerato pretestuose e politicamente motivate. La sua detenzione non spense però la fiamma della protesta; anzi, la rafforzò. Fu sua moglie Svetlana a raccogliere il testimone, candidandosi al suo posto e diventando, quasi inaspettatamente, il simbolo di una nazione in cerca di libertà.

Nonostante la gioia per la liberazione del marito, Svetlana Tikhanovskaya ha mantenuto una prospettiva lucida e realistica. Nel suo messaggio, ha sottolineato con forza che la lotta è tutt’altro che conclusa: «Restano ancora 1.150 prigionieri politici. Tutti devono essere liberati». Questo appello risuona come un monito alla comunità internazionale, ricordando che, sebbene la liberazione di Tikhanovsky sia un passo significativo, la strada verso una Bielorussia libera e democratica è ancora lunga e irta di ostacoli. La pressione internazionale dovrà continuare a essere esercitata con fermezza e coerenza, affinché tutti coloro che sono ingiustamente detenuti per le loro idee politiche possano riabbracciare la libertà. La storia di Sergei Tikhanovsky è un potente promemoria della resilienza dell’attivismo e dell’importanza inestimabile della solidarietà globale.

La repressione di Lukashenko

La contestata vittoria di Lukashenko nelle elezioni del 2020 scatenò le più grandi manifestazioni di protesta nella storia della Bielorussia. Centinaia di migliaia di cittadini scesero in piazza, chiedendo democrazia e la fine di un regime che dura dal 1994. La risposta del governo fu brutale e impietosa: le manifestazioni furono duramente represse, con arresti di massa, violenze e torture denunciate da organizzazioni per i diritti umani. La repressione non risparmiò Sergei Tikhanovsky, che nel 2021 fu condannato a 18 anni di carcere per «organizzazione di rivolte» e «incitamento all’odio», e successivamente a ulteriori 18 mesi per «insubordinazione».

La Bielorussia, sotto il settimo mandato consecutivo di Lukashenko, è un paese dove ogni forma di opposizione è stata bandita e dove i diritti umani sono sistematicamente violati. È l’unico paese europeo a mantenere ancora la pena di morte, un ulteriore segnale della sua distanza dai valori democratici e dallo stato di diritto. La situazione dei diritti umani in Bielorussia rimane grave, con oltre un migliaio di prigionieri politici ancora detenuti.

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