
Potrebbe essere un frammento di verità, o forse un’illusione tardiva, quello che emerge da un sacco della spazzatura conservato per diciotto anni. Nascosto tra i residui domestici di casa Poggi, è apparso un capello lungo tre centimetri. Un dettaglio minuscolo che potrebbe rimettere in moto una delle indagini più tormentate della cronaca giudiziaria italiana.
Il reperto è stato individuato all’interno del sacco azzurro sigillato e custodito fin dal 2007, ora al centro dell’incidente probatorio disposto dalla gip di Pavia Daniela Garlaschelli. L’analisi è affidata ai consulenti Denise Albani e Domenico Marchigiani, che tenteranno di estrarne un profilo di Dna nucleare.

Il blackout nei laboratori e le analisi genetiche in corso
Il capello è comparso giovedì scorso, in un momento tanto cruciale quanto inquietante: pochi minuti dopo il ritrovamento, un blackout improvviso ha oscurato i laboratori della Questura di Milano dove erano in corso le analisi. Un’anomalia tecnica che, seppur casuale, aggiunge una nota di tensione a un’indagine già delicatissima.
Il campione verrà ora osservato al microscopio per valutare la presenza di un bulbo pilifero: solo in quel caso sarà possibile procedere con il tentativo di estrazione del Dna. Se l’analisi dovesse avere esito positivo, il confronto con i profili genetici noti potrebbe fornire risposte decisive.
La traccia nella pozza di sangue e l’aplotipo mitocondriale
Non è la prima volta che capelli diventano protagonisti nelle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Già nel 2008, il genetista Carlo Previderé, assieme alla collega Pierangela Grignani, aveva analizzato un mazzetto di sette capelli trovati stretti nella mano della vittima. Altri 29 furono individuati in una pozza di sangue.
Di quei campioni, solo uno conteneva il bulbo, dal quale fu possibile ricavare un Dna nucleare attribuito con certezza a Chiara. Diciassette altri capelli consentirono invece di risalire a un aplotipo mitocondriale, anch’esso compatibile con il profilo genetico della giovane.

Il peso di una nuova prova dopo diciotto anni
Ora, con il ritrovamento nel sacco azzurro, gli inquirenti sperano di ottenere un ulteriore tassello biologico per comprendere chi fosse presente nella casa di via Pascoli nelle ore dell’omicidio. È un’ipotesi che potrebbe rivelarsi decisiva, ma che richiederà settimane di verifiche e conferme.
Secondo quanto riportato da Repubblica, questo nuovo elemento genetico potrebbe aprire la strada a riscontri incrociati con altri oggetti già repertati dagli investigatori. La nuova indagine, riaperta dopo la consulenza genetica che ha escluso completamente Alberto Stasi, ruota oggi attorno a ogni singolo dettaglio.