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Usa-Iran, la miccia nel cuore del mondo: il rischio di una guerra globale è più reale che mai

Pubblicato: 22/06/2025 08:04

Il raid congiunto di Stati Uniti e Israele contro i tre siti nucleari strategici dell’Iran — Fordow, Natanz, Isfahan — è più di un atto militare. È una faglia geopolitica, una rottura di equilibrio, un passo deliberato verso una nuova fase della crisi internazionale. A differenza di altre azioni precedenti, questa non è una rappresaglia isolata. È l’inizio di una nuova dottrina: colpire adesso, approfittando di una finestra di debolezza strategica del nemico.

La domanda che corre tra le cancellerie non è più se l’attacco scatenerà una reazione, ma quale reazione potrà davvero cambiare l’assetto del mondo. Perché, nel contesto attuale, una crisi regionale non resta mai solo regionale. E la crisi iraniana è una miccia accesa in un sistema già saturo di polveri: Ucraina, Taiwan, Gaza, Sahel.

Perché ora: il crollo della rete iraniana

Israele e Usa hanno colpito adesso perché l’Iran è più isolato del solito. Il suo storico sistema di alleanze regionali — l’“Asse della Resistenza” che includeva Hamas, Hezbollah, le milizie sciite irachene e yemenite — è in grave affanno. Hamas è sotto assedio totale a Gaza, decapitato nella leadership e schiacciato militarmente. Hezbollah è logorato da mesi di scontri al confine nord e sottoposto a pressioni interne in Libano, tra crisi economica e sfiducia popolare. Le milizie in Iraq e Siria, dopo i raid americani e israeliani degli ultimi mesi, hanno ridotto capacità operative e copertura politica.

In altre parole, Teheran ha sempre meno proxy su cui contare. E proprio in questo vuoto tattico, Israele e Stati Uniti hanno visto l’occasione di colpire direttamente, con meno timore di una reazione a catena e con un rischio calcolato. L’obiettivo è chiaro: azzerare le capacità nucleari, ma anche la credibilità deterrente dell’Iran davanti al mondo arabo.

Putin osserva, ma è più solo

In questa dinamica, Vladimir Putin resta tra gli osservatori più interessati. Una guerra Usa-Iran, in pieno Medio Oriente, è per Mosca un’occasione d’oro per distrarre la NATO dal fronte ucraino e spingere l’Occidente verso una crisi di risorse e attenzione. Tuttavia, la Russia è più isolata che mai. Il suo intervento in Ucraina l’ha resa paria internazionale, almeno in Europa e Nord America. Le sanzioni funzionano sul lungo periodo, l’esercito è logorato, l’industria militare sotto stress. I vecchi alleati — India, Turchia, Brasile — si defilano. L’Iran è utile, ma fragile. Resta solo la Cina, con cui Putin condivide interessi tattici ma non una vera alleanza strategica.

E Mosca lo sa: senza un secondo fronte aperto, senza il caos nel Golfo o nel Pacifico, l’Ucraina rischia di diventare un pantano senza sbocchi né vittorie. Ecco perché il Cremlino tifa per la guerra, ma non ha il coraggio né la forza per alimentarla direttamente.

Cina, arbitro silenzioso

Pechino osserva con attenzione. La Cina non vuole una guerra globale, ma vuole che l’America sprechi potenza. Ogni missile che vola in Iran è un missile che non verrà puntato su Taiwan. Ogni crisi mediorientale impegna diplomaticamente Washington e rallenta il suo pivot verso l’Asia-Pacifico. Eppure, anche la Cina teme il disordine. Le rotte energetiche, i mercati, il credito globale: tutto dipende da un minimo di stabilità. Ecco perché Xi Jinping non sostiene l’Iran apertamente, ma nemmeno lo condanna. Sostiene la pace, ma fa affari con chi prepara la guerra.

Europa: impotenza strategica

E l’Europa? Ancora una volta assente. Senza forza militare, senza visione politica, senza unità strategica. Mentre Washington bombarda, Bruxelles convoca riunioni. Mentre Israele agisce, le capitali europee emettono note generiche. Eppure, sarà il continente europeo a pagare: in termini di inflazione, flussi migratori, disordine energetico, tensioni interne. Non c’è alcun piano per proteggere l’interesse europeo. E il progetto di difesa comune, che pure dovrebbe nascere da questi shock, resta impantanato in veti e paure.

Una nuova forma di guerra globale

Non siamo (ancora) di fronte a una guerra mondiale classica, ma siamo dentro una guerra sistemica globale, in cui ogni crisi locale innesca un’altra. Il Medio Oriente, oggi, è il detonatore. Ma l’esplosione potrebbe coinvolgere l’Ucraina, Taiwan, i Balcani, il Corno d’Africa.

In questa nuova guerra non c’è dichiarazione, ma escalation. Non ci sono trincee, ma saturazione dei conflitti. Non ci sono alleanze blindate, ma blocchi in competizione flessibile.

E anche se nessuno vuole davvero la guerra totale, il mondo ha smesso di costruire la pace. È questo il dato più inquietante.

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Ultimo Aggiornamento: 22/06/2025 08:26

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