
Parole nette, toni drammatici, una mappa di rischi geopolitici tracciata in diretta davanti al Parlamento. Giorgia Meloni prende la parola alla Camera e, nel pieno della crisi tra Stati Uniti e Iran, dipinge uno scenario cupo: l’Europa è travolta da un’escalation che corre su più fronti – e l’Italia non può far finta di nulla. Nel giorno in cui si prepara il prossimo Consiglio europeo, la presidente del Consiglio rompe la cautela che aveva fin qui accompagnato la posizione italiana. Lo fa parlando di armi nucleari, ambasciate da spostare, rischi energetici, e soprattutto di un effetto domino regionale che potrebbe infiammare il Mediterraneo.
“Molto pericoloso che l’Iran si doti dell’arma nucleare”, avverte Meloni. Non soltanto per la minaccia in sé, ma perché – spiega – “innescherebbe una rincorsa alle armi atomiche in altre zone dell’area”. Il messaggio è chiaro: se Teheran si dota della bomba, altri seguiranno. Il riferimento va a Arabia Saudita, Turchia, Egitto, potenze che finora hanno frenato ma che potrebbero sentirsi legittimate ad alzare l’asticella della deterrenza, dando il via a una nuova corsa agli armamenti nel cuore del Medio Oriente.

Ipotesi Oman e ambiguità diplomatiche
Nel passaggio forse più sorprendente del suo intervento, Meloni annuncia che è allo studio il trasferimento temporaneo dell’ambasciata italiana da Teheran a Mascate, capitale dell’Oman. Un’eventualità che, se confermata, rappresenterebbe una svolta diplomatica netta e un segnale di forte allarme sulla sicurezza del personale italiano nella Repubblica islamica. Non accade spesso che un Paese europeo ridislochi la propria rappresentanza per ragioni di rischio immediato. Il fatto che se ne discuta apertamente alla Camera è indicativo della gravità della situazione.
Meloni ha voluto anche sgombrare il campo da possibili ambiguità sul ruolo dell’Italia nell’attacco statunitense contro i siti nucleari iraniani. “Nessun aereo è partito da basi italiane e la nostra nazione non ha in alcun modo partecipato ad azioni militari”, ha chiarito in Aula. Una precisazione importante, perché nelle ore successive al raid diverse ricostruzioni giornalistiche avevano evocato una possibile complicità logistica di Paesi europei. Meloni ha chiuso la porta a ogni speculazione, ma il tema della presenza militare USA in Italia resta sensibile e potenzialmente divisivo in caso di ulteriori escalation.
Gaza, cambio di tono e richiesta di tregua
Anche su Gaza la premier ha adottato un tono diverso rispetto alle posizioni iniziali. Dopo aver difeso il diritto di Israele a reagire all’attacco del 7 ottobre, ora sottolinea che “la reazione legittima sta assumendo forme drammatiche e inaccettabili”. È un passaggio rilevante, che segna una presa di distanza: Roma non ritira il sostegno a Israele, ma chiede ora esplicitamente un cessate il fuoco e fa sapere che porterà questa posizione al tavolo europeo. In un contesto di polarizzazione crescente, è un messaggio che potrebbe avere conseguenze nei rapporti diplomatici.
Nel frattempo, l’Italia continua a muoversi per assicurare i propri approvvigionamenti energetici e blindare la tenuta economica del Paese. “Ci siamo occupati di garantire le forniture necessarie”, ha detto Meloni, pur ammettendo che “l’acuirsi della crisi genera preoccupazione per le ripercussioni”. Il quadro che emerge è quello di un’Italia sotto pressione su più fronti, impegnata a evitare che i riflessi del conflitto arrivino fino a casa nostra, sia in termini economici sia di sicurezza interna.

Appello all’Europa, ma senza illusioni
Nel suo intervento la premier ha rilanciato anche un tema caro alla destra di governo: l’Unione europea si occupi solo di ciò che conta davvero. Il richiamo al principio di sussidiarietà serve a rivendicare la necessità che Bruxelles concentri le sue forze su energia, difesa, politica estera, e non su ambiti che – dice – “possono essere meglio gestiti a livello nazionale”. Un modo per ribadire che l’Italia è disposta a fare la sua parte, ma solo dentro un quadro chiaro di priorità strategiche condivise.
Infine, il tono si fa più grave. “Comprendiamo bene gli enormi rischi legati all’escalation”, dice Meloni. Il Consiglio europeo, conclude, “si terrà in un frangente internazionale particolarmente complesso” e sarà decisivo per capire se l’Europa è ancora capace di reagire unita. Ma la sensazione che traspare dal suo discorso è opposta: che il vero pericolo oggi sia proprio questo vuoto di reazione. E che l’Italia rischi più di quanto ammetta.